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Risiko dei nomi nel pantano Si rischia l'effetto domino

Il caso Savona condiziona tutte le caselle. Senza passi indietro quadra difficile. Trema chi si sentiva già ministro

Risiko dei nomi nel pantano Si rischia l'effetto domino

Chiuso nella sala del governo messagli a disposizione dalla Camera, fino a pomeriggio inoltrato il premier incaricato ha tirato le somme di quella che aveva definito «giornata proficua». Tanto proficua da consentirgli di entrare finalmente in possesso della benedetta lista dei ministri. Così che, sull'imbrunire, Giuseppe Conte poteva essere ricevuto al Quirinale per un primo vaglio sui nomi.

Dopo l'incontro con Salvini e Di Maio, l'«avvocato del popolo» almeno aveva ottenuto la ferma consapevolezza che l'intera squadra di governo da lui capitanata poggiava sulla figura del bomber Paolo Savona. Peccato che il Colle non abbia fornito l'assenso alla designazione vanificando l'ottimismo della vigilia e inasprendo un confronto che ora si fa ancora più irto di difficoltà. La novità è che anche il grillino Di Maio ha messo il proprio like al tweet con il quale il Capitano leghista manifestava la propria arrabbiatura brandendo la «bandiera» sovranista di un ministro dell'Economia con un passato talmente ingombrante da impensierire e imbarazzare persino i sonnacchiosi e potenti guardiani dell'euro. Tra le buone ragioni di Mattarella (non diamo pretesti all'Europa per metterci nel mirino) e quelle della brigata giallo-verde (facciamo almeno un dispetto ai padroni del vapore) hanno prevalso le prime. Il premier incaricato, infatti, era stato preventivamente edotto sulla circostanza che, qualora alla fine si dovesse rinunciare a Savona, molti dei pesi e contrappesi tra Lega e M5s andrebbero rivisti o salterebbero del tutto. Dovesse finirci il leghista Giancarlo Giorgetti, all'Economia, per esempio, il ruolo di sottosegretario alla Presidenza finirebbe a Lorenzo Fontana. Nicola Molteni, le cui quotazioni all'Agricoltura sembrerebbero in calo, invece, potrebbe finire stritolato dall'accorpamento (alquanto singolare, in verità) tra il ministero dell'Agricoltura con quello del Turismo, da affidare alle cure del leghista Gian Marco Centinaio. Ma non è un mistero per nessuno che il pur bravo politico Giorgetti non avrebbe ai tavoli europei la stessa caratura e autorevolezza di un Savona, per quanto il suo nome suoni ispido ad orecchie teutoniche almeno quanto per noi lo è stato il terribile Wolfgang Schauble.

Altra conseguenza di un ammainamento della bandiera anti-euro sarebbe il mancato accorpamento di Sviluppo e Lavoro, richiesta cardine dei 5S per dare una scossa all'economia riuscendo a far funzionare la scommessa azzardata del «reddito di cittadinanza». In bilico in queste ore persino il nome di Giampiero Massolo per la Farnesina, garanzia di competenza ed esperienza caldeggiata al Colle. Al suo posto, un altro diplomatico, Pasquale Salzano o Enzo Moavero Milanesi. E così via, con un terremoto di cancellature e ripieghi, su quella lista che per ora Salvini e Di Maio sperano ancora l'avvocato sia in grado di poter riportare intonsa giù dal Quirinale. Soprattutto, senza sbianchettamenti sul nome di Savona. Assodato perciò che i ministeri con portafoglio dovrebbero restare sulla quota massima di 12 o 13 (senza accorpamento Mise-Lavoro), pedina «sicura» resterebbe giusto quella di Salvini all'Interno. Alla Difesa i grillini avevano Elisabetta Trenta, sulla quale il Carroccio non è d'accordo, puntando sul nome di Fontana in caso di necessari riequilibri. Braccio di ferro non risolto quello per Infrastrutture, Sanità e Giustizia (torna a salire la Bongiorno). Vincenzo Spadafora ieri pare essersi tirato fuori: non dovrebbe far parte della squadra.

Ai Beni culturali nessun problema, invece, per Emilio Carelli.

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