Cronache

Il ritorno delle Ong e la minaccia di Tripoli

Il documento: «Non entrate più nelle nostre acque territoriali, altrimenti reagiremo»

Il ritorno delle Ong e la minaccia di Tripoli

Open arms è già in zona e la nave di Medici senza frontiere sta scaldando i motori per riprendere l'attività sul fronte dei migranti. Le Ong tornano in prima linea davanti alla Libia, anche se la flotta dei talebani dell'accoglienza è ridotta al lumicino rispetto all'estate dello scorso anno. I libici attendono le navi umanitarie al varco e hanno già messo in chiaro che useranno il pugno di ferro se non saranno rispettate le regole. Il settore centrale della Guardia costiera di Tripoli ha stilato una «denuncia» nei confronti delle Organizzazioni umanitarie, che parla chiaro. «Avvisiamo queste organizzazioni che applicheremo la legge nei confronti dei loro tentativi di infiltrarsi nelle acque territoriali libiche, che rappresentano una linea rossa», si legge nel documento del 23 luglio in possesso del Giornale. La Guardia costiera intima alle Ong di stare alla larga oppure «reagiremo come se fosse un'aggressione allo stato libico». Le battaglie in mezzo la mare per il soccorso dei migranti potrebbero finire male, con il sequestro da parte dei libici della navi umanitarie e il loro equipaggio. La «denuncia» contro le Ong è firmata dal capitano Taoufik Mohamed Sekker, al comando del settore centrale della Guardia costiera. L'ufficiale dice che «alcune organizzazioni non governative operano in mare prevenendo il lavoro della Guardia costiera e provocando i migranti per intralciare le operazioni soccorso». Il documento conferma che le navi delle Ong si spingono fino al limite «delle acque territoriali aumentando il numero di immigrati illegali» che si imbarcano verso l'Italia. La Guardia costiera sostiene di avere fotografie e registrazioni, probabilmente di comunicazioni radio, che provano le accuse.

L'omonima nave dell'Ong spagnola Open arms è già in zona e ha fatto scalo a Zarzis. Ieri avrebbe dovuto aiutare il mercantile Sarost 5 al largo della Tunisia, che da oltre due settimane è fermo con 40 migranti a bordo, comprese due donne incinta che avevano bisogno di aiuto. Sabato il premier Youssef Chaled aveva dato il via libera allo sbarco, a patto che «non crei un precedente». La nave spagnola ha dovuto allontanarsi dopo l'intimazione delle autorità tunisine di uscire dalle 12 miglia delle acque territoriali.

Mercoledì riprenderà il mare, da Marsiglia, la nave Aquarius gestita da Sos Mediterranee e Medici senza frontiere. «Nonostante un cambiamento radicale del contesto operativo per l'intervento umanitario nel Mediterraneo - recita un comunicato di Msf - l'Aquarius continuerà la sua missione convinta come il primo giorno che non c'è alternativa a salvare vite umane in pericolo». Se per farlo intralcerà le operazioni di soccorso della Guardia costiera libica, come è capitato in passato, questa volta però rischia grosso.

Venerdì arriverà sul tavolo del Comitato politico e di sicurezza europeo la proposta per la revisione di EunavForMed, la missione della Ue a guida italiana, ribattezzata Sophia. Nonostante l'obiettivo della flotta continui ad essere lo smantellamento del traffico di esseri umani, le navi che recuperano i migranti li portano tutti in Italia. Il nuovo governo del premier Conte ha chiesto a gran voce l'apertura dei porti degli altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

La nuova proposta dell'Alto rappresentante della politica estera europea, Federica Mogherini, prevede anche una presenza «leggera» a Tripoli per monitorare la Guardia costiera libica già addestrata e finanziata dall'Unione europea.

Commenti