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La rivolta dei colonnelli laici più forti dell'islamizzazione

L'esercito turco figlio di Ataturk difende la democrazia dopo mesi di tensioni e crisi. E Russia e Usa non condannano l'azione

La rivolta dei colonnelli laici più forti dell'islamizzazione

La storia si ripete. Il «sultano» Recep Tayyip Erdogan ha tirato troppo la corda ed i militari hanno rialzato la testa mollando la zampata con un golpe, come avevano fatto per due volte in passato. Almeno una parte delle forze armate, che sostiene di aver assunto il potere in nome della «libertà e delle democrazia». Durante la notte il colpo di stato era in corso ed i militari golpisti si sono scontrati con la polizia fedele all'Akp, il partito al potere di Erdogan.

Non c'è di mezzo solo la tradizione laica degli ufficiali turchi ispirata da Kemal Ataturk, ma gravi problemi interni ed esterni del corso islamico dettato dal sultano. Sul piano interno la gente è esasperata dalla svolta autoritaria, il futuro incerto ed una strategia della tensione dagli aspetti spesso ambigui ed oscuri.

Gli attentati jihadisti ed il sanguinoso braccio di ferro con i curdi ha precipitato il paese in un limbo dove il potere ha usato il pugno di ferro e leggi liberticide per controllare la situazione. Il sistema semi poliziesco, però, è servito ad aumentare il discontento che serpeggia anche fra chi aveva votato in passato per Erdogan. La svolta islamista ha fatto il resto.

Sul lato esterno la pericolosa strategia del «sultano» in Siria a lungo andare si è rivelata un boomerang. Bashar Assad è ancora al potere ed i gruppi estremisti, che i servizi turchi avevano favorito chiudendo un occhio sui passaggi di armi e volontari della guerra santa si stanno rivoltando contro la Turchia, come una serpe in seno.

Il braccio di ferro con Mosca, che ha avuto come apice l'abbattimento di un caccia russo, che bombardava gli estremisti in Siria, ha segnato l'inizio della fine. Lo stop ai milioni di turisti russi e le sanzioni economiche di Mosca hanno peggiorato la già traballante situazione economica ed il 60% di disoccupazione.

Se gli americani, come sembra, non condannano il golpe, lo zar Putin gongola per la possibile caduta del sultano. Non è escluso che nel colpo di stato ci sia stato uno zampino russo, magari in combutta, una volta tanto, con gli americani preoccupati per la piega che stava prendendo la Turchia islamista alleata nella Nato. A patto che il golpe sia quello che appare, una rivolta laica contro l'islamismo autoritario e non l'ennesima mossa machiavellica dello stesso Erdogan.

Eppure il primo ministro, nella notte, continuava a promettere punizioni esemplari ai golpisti. Lo stesso capo di stato maggiore delle forze armate sarebbe agli arresti per ordine dei golpisti a dimostrazione che Erdogan aveva purgato negli anni gli alti gradi che non giuravano fedeltà al sultano.

L'aspetto stupefacente, se tutto filerà liscio e senza eccessivi spargimenti di sangue, è che nonostante un decennio di purghe i giovani ufficiali turchi e forse qualche anziano generale dietro le quinte sono sopravvissuti alla normalizzazione del sultano. Fino al punto di rialzare la testa con un golpe. In diverse zone del paese la gente è scesa in strada con caroselli di macchine strombazzando con il clacson, come se avesse vinto i mondiali, per salutare la caduta di Erdogan.

Ma nella notte il sultano minacciava di tirare fuori gli artigli tentando di chiamare all'adunata i suoi o contrastando con la forza il golpe. Il rischio è che trascini la Turchia verso un confronto armato, un bagno di sangue o verso lo spettro della guerra civile.

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