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La rivolta dei mille a Google: "Non pieghiamoci alla Cina"

La proprietà conferma: piano in fase iniziale per un motore di ricerca che si autocensura

La rivolta dei mille a Google: "Non pieghiamoci alla Cina"

Una rivolta su base morale contro il progetto - del quale si è saputo solo grazie a notizie di stampa - di un nuovo motore di ricerca censurato da dedicare al colossale mercato cinese. È ciò a cui si sta assistendo a Google, dove oltre mille dipendenti hanno sottoscritto una lettera-appello rivolta alla proprietà in cui si fa riferimento a «urgenti questioni etiche e morali». «Non abbiamo al momento informazioni adeguate per prendere decisioni eticamente informate riguardo al nostro lavoro - si legge nella lettera -. Abbiamo il diritto di sapere a cosa stiamo lavorando».

La società americana ha lasciato la Cina otto anni fa proprio per non doversi piegare alle leggi illiberali imposte dal regime di Pechino, ma sembra che stia lavorando in segreto a un nuovo motore di ricerca «addomesticato», denominato Dragonfly.

Il timore di molti dipendenti di Google di diventare complici di un regime che sopprime la libertà di pensiero e di espressione è tutt'altro che infondato. Dragonfly verrebbe infatti concepito in modo tale da rendere impossibile agli utenti l'accesso a siti web sgraditi al partito comunista al potere in Cina, e addirittura si autocensurerebbe impedendo la ricerca di termini scomodi come «diritti umani», «Tienanmen» o «religione».

Non si tratta di ipotesi campate per aria: in Cina l'accesso a internet è strettamente controllato dal regime guidato da Xi Jinping, che ha tra le sue priorità dichiarate la lotta al possibile sviluppo di «mentalità controrivoluzionarie». Facebook, Twitter e la stessa Google sono bandite, ma quest'ultima mantiene nel Paese tre propri uffici.

Il Ceo di Google Sundai Pichar ha risposto alla lettera assicurando che i piani per un ritorno sul mercato cinese esistono, ma sarebbero «esplorativi» e «in una fase iniziale». Poi ha aggiunto sibillinamente che «non siamo vicini a lanciare un prodotto per la ricerca in Cina.

E se lo faremo o potremo farlo è assai poco chiaro».

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