Politica

«Il rogo? Era tutto ignifugo...» Lo scaricabarile di Fiumicino

La società che gestisce l'aeroporto romano: «Le nostre strutture sono a norma e a prova di incendio». Ma il Terminal 3 è stato incenerito...

Fiumicino (Roma)Passeggeri smarriti fra le macerie e tante polemiche. Eppure per l'AdR, la società che gestisce l'aeroporto di Fiumicino, il piano di emergenza e l'impianto anti incendio hanno funzionato a dovere. La Procura di Roma ha avviato l'indagine con un'ispezione tecnica tra i mille metri quadri devastati dal fuoco nel Terminal 3. La domanda principale per gli inquirenti è come il fuoco si sia potuto propagare tanto velocemente.

Nel mirino ci sono le controsoffittature molto basse, all'interno delle quali si sarebbero propagate le fiamme e i materiali che avrebbero alimentato il fuoco anziché offrire resistenza. La versione informale della società aeroportuale lascia perplessi: in sostanza si garantisce che era tutto a norma, ma che l'AdR non può garantire che altrettanto si possa dire per i negozi che avevano in concessione gli spazi. Versione che fa infuriare i commercianti dello scalo che oggi fanno i conti con i danni: per loro la struttura andava rimodernata.

Accuse che rimbalzano anche per bocca del sindaco di Fiumicino, Esterino Montino: «Che il Terminal 3 avesse dei problemi era noto a tutti, io stesso, due o tre mesi fa, ho visto la scala mobile andata a fuoco anni fa e rimasta chiusa». Si potrebbe osservare che il sindaco avrebbe fatto meglio a intervenire prima anziché parlare poi, ma la sua denuncia suscita qualche inquietudine che andrà chiarita: «Il Terminal 3 doveva essere ristrutturato - continua Montino - c'è la giustificazione che i lavori potevano partire solo dopo l'apertura del Terminal C, ma lì i lavori vanno avanti da dieci anni...».

Insomma il giorno dopo il clamoroso incendio sprigionato da un frigorifero che ha bloccato lo scalo e mezza Roma, si cominciano a mettere insieme i pezzi della solita storia all'italiana: lavori bloccati, ritardi e scaricabarile. A pagare il conto sono i passeggeri che, nonostante le rassicurazioni degli Aeroporti di Roma, ancora bivaccano nello scalo. La gente non sa cosa pensare. «Ci faranno partire o dovremo annullare il viaggio?», dice Alessandro, 64 anni, che avrebbe voluto festeggiare l'anniversario di matrimonio con un viaggio negli States. Lui e sua moglie vengono dal Viterbese, hanno risparmiato per anni per permettersi una vacanza così. Invece niente. I loro sogni rischiano di finire inceneriti da una scintilla. La compagnia aerea continua a promettere che partiranno e loro hanno bivaccato tutta la notte in aeroporto, dormendo appoggiati a un borsone, in attesa di notizie.

Solo una delle mille storie fra l'odore acre e asfissiante di ciò che resta della zona commerciale del Terminal 3 e i varchi attivi. Code estenuanti, accampamenti improvvisati. Come quello di 50 bambini brasiliani in gita in Italia, in attesa da 24 ore di un volo che li riporti a casa. Poi ci sono i lavoratori: Sandra, 29 anni, è precaria. Il suo destino si incrocia maledettamente con quello dei passeggeri a terra. Sandra aspettava il rinnovo del contratto stagionale in uno store del Leonardo da Vinci, uno di quelli vicino al Bar Gustavo, dove è scoppiato l'inferno. Da giovedì è senza occupazione e senza speranze. «Il negozio non esiste più», spiega.

Intanto la Procura di Civitavecchia indaga contro ignoti per incendio colposo e ha sottoposto a sequestro l'area andata in cenere, mentre l'AdR annuncia l'arrivo degli esperti di disaster recovery della società Belfor. «Entro una settimana», giurano all'AdR, «verrà riaperto l'imbarco D del terminal 3». Ieri mattina, intanto, sono partiti e atterrati 250 voli, in serata si prevedeva di arrivare al 60% dell'operatività normale. Il day after del disastro di Fiumicino è ancora caos.

Con la consueta minaccia del Codacons di fare causa a tutti.

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