Cronache

Rolex, diamanti e viaggi per aggiustare indagini: due giudici arrestati

Le toghe, oggi a Roma, prima erano a Trani «Aiutini» a imprenditori. In cella un poliziotto

Rolex, diamanti e viaggi per aggiustare indagini: due giudici arrestati

Un orologio Daytona Rolex. Diamanti. Viaggi a Dubai. E molti soldi. Si trattavano bene i due magistrati arrestati ieri perché avrebbero addomesticato come un cagnolino la giustizia. E in cambio di denari e regali, un classico, avrebbero protetto alcuni imprenditori loro amici. Il tutto fra il 2014 e il 2018 quando Antonio Savasta, oggi giudice civile a Roma, e Michele Nardi, ora pm nella capitale, lavoravano a Trani: come pm Savasta, come gip Nardi che, a rendere ancora più mortificante questa storia, vanta nel proprio curriculum un incarico prestigioso come ispettore al ministero della Giustizia. La piccola procura pugliese aveva raggiunto a suo tempo le prime pagine dei giornali per via di un'inchiesta puntuta e agguerrita contro le agenzie di rating. Poi il Giornale aveva messo in pagina la foto, suggestiva, di un avvocato che bacia il piede di una pm nel corso di una festa e qualcuno si era fatto più di una domanda. La risposta, rassicurante, era stata più o meno questa: era solo un momento di goliardia che aveva coinvolto il magistrato Simona Merra. Ma quello era il contorno.

Ora arriva ben altro e con altri protagonisti: gli imprenditori chiedevano, due avvocati, Ruggiero Sfrecola e Simona Cuomo, ora interdetti dalla professione per un anno, mediavano, i magistrati si rendevano disponibili. Un mercimonio che arriva fino a Firenze: fra gli indagati c'è, infatti, Luigi Dagostino, il re degli outlet ed ex socio di Tiziano Renzi nella Party srl, società poi chiusa, si disse all'epoca, per una martellante campagna stampa dai toni diffamatori. A quanto pare, Savasta avrebbe avuto un occhio di riguardo per Dagostino, ora indagato per false fatture e interdetto a sua volta dall'esercizio dell'attività imprenditoriale, evitando di spingere gli accertamenti in profondità.

Una situazione pesante e imbarazzante che la procura di Lecce ha messo a nudo, contestando alle due toghe ora in carcere una sfilza di reati: l'associazione per delinquere, la corruzione in atti giudiziari, il falso. E mandando in cella con loro un poliziotto, l'ispettore Vincenzo Di Chiaro, pure coinvolto in questo network del malaffare.

In un'intervista alla Verità, Savasta già chiacchierato e trasferito a Roma per l'acquisto di alcuni terreni vicini ad una sua masseria, si era difeso da accuse e voci sulla sua contiguità al potere politico e aveva spiegato di essere andato a Palazzo Chigi, dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Luca Lotti, non attraverso Dagostino, come si pensava, ma per il tramite dell'avvocato Sfrecola. Lo stesso Sfrecola che ora risulta essere fra i perni di questo sistema malato. Dunque, per i pm di Lecce tutti e due cooperarono: Sfrecola contattò Dagostino che nel 2015 organizzò la trasferta dell'ambizioso Savasta nella capitale.

I magistrati - fanno sapere dalla procura di Lecce - «avrebbero garantito agli imprenditori positivi esiti processuali in cambio di ingenti somme di denaro e in qualche caso di altre utilità fra cui anche gioielli, pietre preziose», auto e il Daytona sequestrato a Nardi.

Complessivamente sono stati «bloccati» beni per oltre due milioni di euro: il sequestro preventivo tocca quota 672mila euro per Nardi, 490 mila euro per Savasta e 436mila euro per l'agente infedele e l'avvocatessa Cuomo.

Un quadro desolante, anche se da verificare nei successivi passaggi, e uno spaccato umiliante della profonda provincia italiana.

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