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Roma paga troppo i dipendenti "Marino restituisca 350 milioni"

Dal ministero delle Finanze ennesima tegola sul Comune, lo rivela il sito "il Rottamatore". Ma il sindaco fa spallucce: "Resterò fino al 2023"

Roma paga troppo i dipendenti "Marino restituisca 350 milioni"

Ora però sul primo cittadino di Roma sta per piovere - anzi, in verità è già piovuta - una nuova, pesante tegola. Che non ha nulla a che fare con le inchieste giudiziarie, con gli appalti truccati o con la Banda Bassotti di Buzzi e Carminati. Una tegola da 350 milioni di euro, «indebitamente erogati» dal Comune. Non alle cooperative che fanno la cresta sui campi Rom, ma ai dipendenti dell'amministrazione capitolina, un esercito di 25mila tra dirigenti, funzionari, vigili, maestre comunali, impiegati eccetera. Milioni finiti in «salario accessorio», secondo regole che gli ispettori del Mef hanno bocciato, e che ora vanno restituiti.

La storia, che ha radici lontane, è stata rivelata ieri dalla testata online Il Rottamatore , ideata nel 2014 da Claudio Velardi e spesso molto ben informata su questioni politiche e burocratiche. Su Roma si annuncia «un vero tsunami», titolava nel pomeriggio di ieri. Spiegando che dal ministero dell'Economia è partita nei giorni scorsi una lettera, indirizzata al Campidoglio, in cui si chiede al Comune il recupero di quei 350 milioni. Lettera ricevuta già da qualche giorno, confermano sia fonti capitoline che del Mef, e già al centro di agitate riunioni in Campidoglio. Dove qualcuno sospetta un «input politico» dietro la vicenda, o almeno dietro la sua tempistica, che coincide con i giorni di massima tensione tra Marino e Renzi. Anche perché, spiegano le stesse fonti, il commissariamento del Comune per dissesto dei conti è più difficile da escludere di quello per infiltrazioni mafiose. Insomma, si chiedono in Campidoglio, «Renzi sapeva che la tegola sarebbe arrivata ora, e per questo ha iniziato a scaricare Marino?».

Dietrologie suggestive ma prive di riscontri. I fatti sono assai più lineari: tutti sapevano che quel «salario accessorio», che da anni integra gli stipendi bloccati dei dipendenti comunali, era illegale perché sganciato da criteri di produttività, merito e risultato: lo avevano accertato gli ispettori delle finanze tra il 2013 e il 2014,lo aveva scritto il governo nel Salva Roma con cui a fine 2013 concedeva i fondi al Comune («Gli enti locali che non rispettano i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa sono obbligati a recuperare integralmente le somme indebitamente erogate») e lo aveva riconosciuto anche la delibera capitolina con cui nel luglio scorso si prorogava il salario accessorio, stabilendone «il mantenimento del tutto temporaneo e salvo recupero, anche a conguaglio, delle erogazioni retributive previste».

Il sistema del salario accessorio «a pioggia», sganciato da ogni criterio di produttività, aveva raggiunto il suo acme, con una crescita del 500%, durante la gestione Alemanno. Marino aveva ereditato la situazione, e tentato di introdurre criteri premiali in una durissima vertenza con i sindacati, che hanno detto «niet». Risale ad un anno fa lo sciopero dei dipendenti che bloccò la città: scesero in piazza in 10mila, e in un referendum la proposta di accordo fu massicciamente bocciata. Alla fine Marino si arrese all'ostruzionismo sindacale e prorogò il pasticcio dei suoi predecessori.

Ora rischiano di pagarla cara i dipendenti del Comune di Roma, ma anche il sindaco.

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