Elezioni Comunali 2016

Roma, la Raggi fugge ma Di Maio la inguaia

La grillina diserta il dibattito tv dalla D'Urso Il vicepresidente della Camera spara: «Se M5S vince assessori a tempo». E scoppia la bufera

Roma, la Raggi fugge ma Di Maio la inguaia

Roma Se Matteo Renzi fugge dalle piazze barricandosi nei teatri - luoghi di certo più consoni al premier, nei quali l'affabulazione senza intralci scorre rafforzata - ecco che i candidati in vantaggio hanno imparato a diffidare dei confronti diretti in tivù. Lo fa Virginia Raggi, in testa a Roma, disertando la poltrona di Domenica live; lo ha giurato pochi giorni fa con un «Mai più!» il sindaco napoletano Luigi de Magistris, dopo un burrascoso confronto con Lettieri in Rai.

«Se non ci sono regole precise, la televisione appiattisce e tutto confonde», predicano gli spin-doctor. Così che la Raggi parteciperà solo al confronto di domani alle 21 su Sky. Non si è fidata del salotto di Barbara D'Urso, nel quale ieri pomeriggio campeggiava la sua poltrona vuota. Oggetto, gli assenti hanno sempre torto, di pesanti ironie degli altri candidati. «Strano, di solito ha tanta voglia di confrontarsi», celiava Giorgia Meloni. E Roberto Giachetti: «Penso che una forma di rispetto per i romani sia quella di confrontarsi, non si può scappare perennemente perché non si è in grado di dare risposte». «Le avevamo anche detto che se veniva poteva tenere l'auricolare per farsi suggerire le risposte dalla Casaleggio...», riattaccava la Meloni, in coerenza con una campagna sui social che da settimane perseguita la candidata grillina con l'hashtag #raggiscappa.

La reazione della Raggi arrivava più tardi, via Facebook: «Per 20 anni i partiti hanno invaso le tv fregandosene dei cittadini... ecco perché in questa campagna ho invitato gli altri candidati a confrontarci tra la gente, in piazza, ma loro si sono sempre sottratti... Quando c'è da parlare ai cittadini non ci sono mai, ma guai a perdersi un talk show per sparare qualche slogan qua e là. E io, sia chiaro, vicino a questi signori non mi ci siedo. Prima hanno distrutto Roma e ora vogliono buttare tutto in caciara... Come unico confronto prima del voto ho scelto quello di Sky, con regole chiare. Ci vediamo il 31 maggio, cari trasformisti dell'ultima ora». Match-tv, quello di Sky, per il quale neppure erano mancate polemiche, in particolare per i sottopancia: la scritta «centrodestra» contesa tra Meloni e Marchini, quella di «centrosinistra» tra Giachetti e Fassina. E la Raggi che in quel caso aveva avuto facile gioco ad attaccare il candidato renziano: «Non vuoi la scritta Pd perché te ne vergogni».

In ogni caso, i candidati ospiti della D'Urso hanno offerto l'atteso repertorio di battibecchi e scintille: tra Giachetti e Marchini sul sostegno di Alemanno al secondo; tra Giachetti e Meloni su chi fosse più «super» per fare il sindaco; tra Meloni e Marchini sulla Ferrari di quest'ultimo. «Io l'auto non la nascondo», azzannava la Meloni, «La mia macchina l'ho pagata con i miei soldi, ma andate a lavorare!», sbottava Marchini.

Dulcis in fundo, nell'ultima, tremenda, domenica di campagna elettorale, il «commissariamento» della Raggi da parte del direttorio Cinque Stelle. Luigi Di Maio, ospite di Lucia Annunziata, chiariva che in caso di vittoria gli assessorati a Roma passeranno da dodici a nove, con l'introduzione dell'«assessorato a tempo determinato: ti do un progetto, lo realizzi, una volta che lo hai realizzato non campi di rendita, te ne vai». Soluzione che attirava gli assalti pidini: «Idea assurda, pericolosa e non credibile».

Di sicuro, tuonavano gli iper-renziani, «c'è solo che la Raggi non è il vero candidato, Di Maio è uno dei badanti, lei solo una maschera».

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