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Rosatellum già fermo: il Pd non scioglie i nodi. Malumori in Forza Italia

Accantonati i punti più caldi per mediare con Mdp e minoranza. Dubbi degli azzurri al Sud

Rosatellum già fermo: il Pd non scioglie i nodi. Malumori in Forza Italia

Roma - Non ci voleva la zingara per prevedere che «fare questa legge elettorale in piena sessione di bilancio è un atto di irresponsabilità», come lamentavano ieri i deputati di Mdp. Che sono stati messi con le spalle al muro dal combinato disposto Def-Stabilità e Rosatellum bis; ovvero stare in una maggioranza che deve portare a casa i conti del Paese prima della fine della legislatura ma, nel contempo, restare esclusi da un'altra maggioranza, quella che si accinge ad approvare il sistema elettorale che li ghigliottina.

Mettere in un angolo un avversario può rivelarsi una mossa pericolosa, specie se non gli si consentono vie di scampo. Così ieri a Montecitorio la giornata è trascorsa in una ridda di incontri e mediazioni che bloccavano di fatto i lavori della commissione Affari costituzionali (tre soli voti su oltre 300 emendamenti presentati). Gran parte dei temi venivano accantonati dal relatore pidino Fiano: voto disgiunto, soglie di sbarramento, pluricandidature, numero ed estensione dei collegi plurinominali, determinazione del capo della forza politica. Ne conseguiva una blindatura del testo presentato, e una necessaria accelerazione per domani (saltano i lavori d'aula per consentire il tour-de-force in commissione). Il Pd procedeva così a un «giro di tavolo» per accertarsi che gli altri partiti dell'accordo (Fi, Lega e Ap) continuino a volerci stare e ad andare avanti. In realtà però è proprio il Pd a non saperlo, al punto che domani sera ci sarà l'assemblea dei gruppi e dopodomani l'ennesima Direzione per capire se dare spazio alla minoranza interna, in cerca di una conciliazione con Mdp (potrebbe essere l'introduzione del voto «disgiunto» che tanto animava ieri i conciliaboli) oppure i renziani terranno duro sulla linea del Napalm. Ovvero: annientamento degli «ex compagni» fuoriusciti. «La nostra posizione non cambia. Voto disgiunto? Non se ne parla». Rigidità che mette naturalmente a rischio la tenuta dell'intera legge e consolida invece la posizione di chi mira a rendere utilizzabile per il voto il cosiddetto Consultellum.

Si continuerà a ballare, specie quando i nodi irrisolti in commissione arriveranno all'aula, e a poco servono le rassicurazioni degli esponenti piddini che giuravano ieri sulla «tenuta» del gruppo. La minoranza di Cuperlo e Orlando è in subbuglio e rumoreggia, constatando che «tutti si rendono conto che, così com'è oggi, la legge è irricevibile per Mdp che, se si andasse a votare con questo meccanismo, sarebbe fuori dal Parlamento».

Dagli incontri con gli altri partiti non poteva invece che venire una «forte determinazione ad andare avanti», con il capogruppo azzurro Brunetta sicuro che il Rosatellum bis sia il «miglior compromesso possibile». Ma tra alcuni senatori azzurri, specie del Sud, resta un certo malumore. La preferenza per il Tedeschellum del precedente accordo è palpabile (ieri alla Camera sono stati bocciati tutti e tre gli emendamenti di Mdp che ne riproponevano i meccanismi) e i parlamentari campani proveranno a fare giungere le motivazioni del proprio malessere fino a Berlusconi. Altri stanno pensando di far pervenire un documento con tutte le osservazioni critiche al capogruppo Romani e a Berlusconi. Il funzionamento del Rosatellum bis, sostengono, favorirà in maniera smaccata la Lega di Salvini grazie ai collegi uninominali del Nord, senza che quelli del Sud riescano a controbilanciarne il peso.

Un malessere che renderà ulteriormente difficile il cammino della legge elettorale a Palazzo Madama, dove i numeri per la maggioranza restano risicati, la minoranza interna del Pd è assai più forte e i malumori del centrodestra promettono di unirsi alla causa comune.

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