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Il Rosatellum piace a tanti? E allora Renzi ci ripensa

Da Fi, Lega e Ap via libera ma il segretario Pd è pronto a sfilarsi: meglio la legge attuale, penalizza gli azzurri

Il Rosatellum piace a tanti? E allora Renzi ci ripensa

Bastava guardare i sorrisi e le pacche sulle spalle che ieri, in un angolo del Transatlantico, si scambiavano il coordinatore della segreteria Pd Lorenzo Guerini e il capogruppo Fi Renato Brunetta per capire che l'accordo sul Rosatellum è fatto. E coinvolge, oltre ai due principali partiti di centrosinistra e centrodestra, anche la Lega e i centristi di Ap: «L'intesa è chiusa e ci dà i numeri per approvare la nuova legge elettorale. Ma bisogna fare in fretta, entro metà ottobre», ha spiegato ai suoi un ottimista Ettore Rosato, capogruppo dem.

«Fare in fretta» è la parola d'ordine, anche per evitare la sovrapposizione con la sessione di bilancio. Ma, dietro agli annunci e all'entusiasmo delle dichiarazioni pubbliche, ci sono dubbi fortissimi che l'operazione Rosatellum (mix di proporzionale e collegi maggioritari) vada davvero in porto. Tanto che Matteo Renzi si limita a dire: «Se son rose fioriranno, se no pazienza: si voterà col Consultellum».

Gli esclusi da patto promettono barricate in aula e fuori, con i grillini - terrorizzati dai collegi uninominali - che urlano al golpe «per penalizzarci» e bollano la proposta - per oscure ragioni - come «incostituzionale»; e con gli scissionisti di Mdp che minacciano di far saltare la maggioranza di governo se passasse una legge che incentiva le coalizioni. Ma non sono tanto loro a preoccupare chi vuol portare a casa il Rosatellum: il nemico vero, spiegano nel Pd (ma anche in Fi) è più vicino. Anzi, è in casa: per i misteriosi bizantinismi parlamentari italici, alla Camera le leggi elettorali si votano a scrutinio segreto (al Senato invece no), e c'è il serio rischio di un trappolone cucinato dalle fronde interne al partito renziano. Un deputato ex Ppi - sotto il vincolo dell'anonimato - assicura: «Almeno il 40% del gruppo è pronto a far saltare il Rosatellum a voto segreto, alla prima occasione». E l'occasione potrebbe essere facilmente fornita da Mdp e M5s, che già ventilano la presentazione di emendamenti per tornare alle preferenze, croce e delizia della Prima Repubblica, togliendo dal Rosatellum i collegi plurinominali della quota proporzionale. Un modo per togliere il controllo delle liste alle segreterie dei partiti, ossia - in casa Pd - a Matteo Renzi. Sintetizza un dirigente renziano: «Loro presenteranno emendamenti pro-preferenze, i nostri franchi tiratori li voteranno e - se passano - Silvio Berlusconi farà saltare la legge».

Uno scenario considerato assai probabile al Nazareno. Dove si valutano i pro e i contro: a Renzi, il «Consultellum» attualmente in vigore non dispiace poi molto, anche perché - con il meccanismo del premio alla lista - costringe Forza Italia all'abbraccio mortale con la Lega e al listone unitario, aprendo spazi al Pd nel voto moderato. Ma il Rosatellum, spiegano gli esperti di casa Pd, «può darci fino a 40 eletti in più nei collegi, rispetto alle regole ora in vigore». A patto però che il Pd riesca a costruire una coalizione che, nella quota maggioritaria, tenga insieme un «centro riformista» animato da Carlo Calenda e dagli ex montiani di Benedetto Della Vedova e una sinistra-sinistra che vada dall'amletico Giuliano Pisapia al cagliaritano Massimo Zedda alle cosiddette «liste civiche» di Leoluca Orlando. Ma capire le intenzioni di Pisapia, dicono nel Pd, «è come interpretare i responsi della Pizia». Avrà la forza per sganciarsi dai vari D'Alema e Bersani, che gli ripetono «Con chiunque tranne che con Renzi»? L'altro giorno l'ex sindaco di Milano aveva detto: «Col Pd ma solo a patto che non candidi Renzi».

Ieri, con un mezzo carpiato, ha affermato che «Anche per me (come per Renzi, ndr) gli avversari sono destre e populisti», e che se il Pd desse «segnali chiari» alla sinistra, lui ci farebbe un pensierino.

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