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Rousseau, il M5s si piega: paga (in silenzio) la multa

Dopo le polemiche contro il Garante della privacy, Casaleggio non presenta ricorso e versa 25mila euro

Rousseau, il M5s si piega: paga (in silenzio) la multa

Polemiche, strepiti e accuse, ma alla fine hanno pagato, in silenzio e rapidamente. La metà della multa, grazie alla rinuncia a fare ricorso.

La sanzione dei primi di aprile dell'Autorità per la Privacy per i «buchi» nella piattaforma Rousseau, cuore della «democrazia elettronica» del M5S, prevedeva una somma di 50 mila euro che poteva diventare 25mila con l'impegno a non impugnare. E la società guidata da Davide Casaleggio, dopo essere insorta a gran voce contro quello che definiva un ingiusto attacco «politico», con l'appoggio del vicepremier leader del movimento Luigi Di Maio e dei suoi, senza alcun clamore 4 giorni fa ha pagato. Lo ha fatto senza neppure aspettare la scadenza prevista dei 30 giorni.

Il fatto di non ricorrere contro il provvedimento del Garante Antonello Soro (ex capogruppo Pd alla Camera e per questo sospettato di mire politiche) è di fatto un'ammissione delle pesanti carenze nel sistema che orienta le posizioni dei pentastellati e seleziona la sua classe parlamentare, per ultimo i candidati alle prossime elezioni europee. Scelte sulle quali pesa più di prima l'ombra di possibili manipolazioni, di schedature illecite e monitoraggio occulto, da parte dei dirigenti del sistema operativo Rousseau, che gestiscono anche il Blog delle Stelle, quello ufficiale del M5S.

Perché la piattaforma informatica sulla quale dovrebbe esprimersi la «democrazia diretta», all'insegna della tanto decantata trasparenza, secondo l'Autorità che tutela la riservatezza in realtà non è affatto sicura, ha pericolose «vulnerabilità». E le falle rilevate in una lunga istruttoria sono così complesse da far pensare che in così breve tempo la Casaleggio Associati possa aver corretto solo alcuni degli errori minori evidenziati, come la condivisione delle password da parte di ben 5 persone con l'impossibilità di risalire ad eventuali responsabilità personali, ma non abbia certo potuto mettere in sicurezza tutto il sistema digitale.

Che cosa si può pensare, allora, delle votazioni avvenute nei giorni scorsi per comporre le liste dei candidati per il voto del 26 maggio? Le Europarlamentarie con i profili di 2.600 concorrenti, votati con un clic da 37 mila, poi 32 mila e alla fine solo 20 mila grillini nei diversi turni, rappresentano la volontà del «popolo della rete» o quella dell'oligarchia del movimento?

Quando il 4 aprile è esploso il caso della multa, in realtà «mini» rispetto al massimo previsto dalla legge di 10 milioni di euro, la Casaleggio sostenne che il suo sistema web era già stato adeguato alle regole stringenti della privacy, dopo la prima sanzione del 2018, e che la sanzione era ingiusta. «Mi sembra un chiaro attacco politico - disse il figlio del fondatore, Davide - A capo dell'Autorithy per la Privacy non ci può stare un ex capogruppo Pd, neanche un politico in generale». E Di Maio: «Quando ci multano per la seconda volta per un software che non abbiamo più qualche dubbio viene. Qui il sospetto è politico». Il Garante, precisando che la decisione è collegiale, a questo punto rivendicava la propria indipendenza, concludendo: «Se ha rilievi da muovere, può ricorrere al giudice ordinario». Ma la Casaleggio non l'ha fatto. Di Maio si riferiva all'altra multa pagata dalla Rousseau (come quella al Padre del M5S, Beppe Grillo). Ad agosto 2017, infatti, la piattaforma subì un attacco hacker e a dicembre l'Autorità intervenne, ci furono 2 proroghe fino ad ottobre, poi ad aprile la sanzione.

Ora ci risiamo e per mettere tutto a tacere, il guru ha deciso che era meglio pagare.

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