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Le carte sul crac Etruria: quelle deleghe in bianco per l'ok all'ultimo bilancio

Il ruolo degli ex vertici. E il pm Rossi torna al Csm sull'incompatibilità

Le carte sul crac Etruria: quelle deleghe in bianco per l'ok all'ultimo bilancio

dal nostro inviato ad Arezzo

Tutti sapevano tutto, ma nessuno ha fatto nulla per impedire che Banca Etruria finisse contro un muro. Anzi, semmai qualcuno ha accelerato lo schianto. Pier Luigi Boschi e la sua famiglia per primi. Lo dimostra il verbale del 4 maggio 2014, nove mesi prima del commissariamento. A quell'assemblea dei soci sono presenti tutti quelli che oggi la procura ritiene essere i responsabili del crac. In prima fila i Boschi: padre, madre e i due fratelli di Maria Elena, diventata ministro tre mesi prima, che applaudono gli interventi del presidente e del dg, senza fiatare.L'allora numero uno Giuseppe Fornasari parla di «veridicità e correttezza della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della banca» nonché di «serenità sulla correttezza del nostro operato».

L'allora sindaco di Arezzo e avvocato della famiglia Boschi, Giuseppe Fanfani (oggi al Csm in quota Renzi), non si vergogna di esprimere «riconoscenza a Fornasari per aver guidato l'istituto con serietà e impegno». Anche l'intervento del dg Luca Bronchi è rassicurante. Ammette che «l'esercizio 2013 si chiude con una perdita di 81 milioni, per il secondo anno consecutivo», ma imputa il problema «all'intero sistema bancario che ha perso 22 miliardi». In quell'assemblea vengono votati compensi, premi e buonuscite, oggi nel mirino dei pm. Per inciso ieri i sostituti procuratori che seguono l'inchiesta sono stati ascoltati dal Csm e il procuratore di Arezzo Roberto Rossi è stato convocato il 12 aprile sulla questione della sua incompatibilità.Fornasari assicura che quelle retribuzioni rispettano «meritocrazia, competenza, professionalità, disponibilità ed eticità». In giugno, la banca sborsa a Bronchi una liquidazione da un milione e 200mila euro.

Oggi entrambi sono indagati per ostacolo alla vigilanza e false fatturazioni.Ma c'è chi tra i soci lancia l'allarme, inascoltato. Mario Barni, che ha investito in Etruria 245mila euro in azioni, perdendoli, definisce «leccanti» le parole di Fanfani, denuncia «lo stato di bancarotta» chiedendo «il commissariamento della banca e lo stato di accusa per il presidente, il cda e la direzione».Poi arriva il momento del voto del bilancio e qualcosa puzza: su 5.331 soci, 1.998 sono presenti, 3.301 ci sono per delega. Deleghe singolari e sospette, ma utili a far passare un bilancio impresentabile. Come quelle dei Boschi. Mamma Stefania (100 azioni) porta 5 persone (482 azioni), il figlio Pier Francesco (347 azioni) altre 5 (6.954 azioni), papà Pier Luigi (100 azioni) rappresenta ben 10 società (10.810 azioni) e l'altro figlio Emanuele (1.847 azioni) è l'unico a votare in proprio. L'associazione vittime del salva-banche ha ricevuto, anonimamente, cedolini di deleghe con nomi prestampati. Gente votava per stranieri o azionisti con una sola azione. Per non parlare di Bronchi che votava per i tre figli minori.

Facevano comodo anche quelli.

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