Politica

Russia, Conte copre Salvini ma i 5 Stelle lo abbandonano

Il premier al Senato salva il vicepremier sul caso dei rubli e i grillini lasciano l'aula. Mozione Pd anti Matteo

Russia, Conte copre Salvini ma i 5 Stelle lo abbandonano

Come capo del governo non ha certo mai brillato, ma come pattinatrice sul ghiaccio Giuseppe Conte mostra indubbie doti. Così, piroettando leggiadro tra un question time alla Camera in cui racconta che gli tocca fare la Tav per colpa dei francesi, e un'informativa sul Russiagate in Senato per spiegare che gli amici russofili di Salvini saranno pure un po' imprudenti, ma nulla «incrina la mia fiducia» nei «colleghi di governo», il premier per caso assesta un colpo al cerchio e uno alla botte. Con un unico faro a guidare le sue mosse: tenere in piedi il governo e con esso la sua poltrona.

Resta serafico anche quando, con clamorosa sceneggiata, i senatori grillini abbandonano l'aula mentre lui prende la parola per difendere Salvini: sa benissimo che si tratta di folklore da dare in pasto ai giornalisti di bocca buona e ai residui elettori grillini, una finta insurrezione Cinque Stelle dopo il suo via libera alla Tav, annunciato con la benedizione di Di Maio. La scena è surreale: Conte che snocciola la sua cauta informativa priva di qualsiasi novità, informazione o giudizio politico ostile a Salvini. Giusto un affettuoso rimbrotto: «Non mi ho avuto informazioni dal ministro». Per il resto, ripete cose già dette: ad invitare «il signor Savoini» alla cena con Putin fu lo staff di Salvini, e a infilarlo nella delegazione ufficiale a Mosca pure, ma l'uomo non ricorpre alcun incarico di governo, dunque può fare quel che gli pare coi russi, e Salvini non ha alcun bisogno di prenderne le distanze. E quindi il caso politico si può archiviare serenamente: «Nessun membro del governo si è discostato dalla linea di adesione alla Nato. Nessuna forza politica avrebbe potuto imprimere rapporti internazionali in forza dei rapporti intrattenuti con altre forze politiche di altri Paesi». Tutto a posto, almeno finché Salvini continua a sostenere il suo governo. Altrimenti, magari, potrebbero trovar seguito quelle minacce trapelate da Chigi sulle «carte» dei servizi segreti.

I senatori della Lega ascoltano attenti e man mano sempre più rassicurati, i banchi della maggioranza però sono semivuoti. Con il tam tam grillino che spiega che è l'indignazione no Tav a motivare l'abbandono dell'aula: «Conte si è rivelato il premier del sistema», sibilano. Poi però Rocco Casalino, su richiesta di un offesissimo Conte, fa correggere il tiro e il capogruppo grillino Patuanelli si arrampica sugli specchi per spiegare che la protesta non era certo il premier, anzi, ma per rimproverare al capo leghista di non aver avuto «lo stesso rispetto del Parlamento mostrato da Conte», e di essere scappato da Palazzo Madama. Un dietrofront imbarazzante per salvare la faccia al premier, dopo il tentativo di salvare la faccia ai grillini sulla Tav. Le opposizioni protestano: il Pd annuncia (in ritardo) la mozione di sfiducia a Salvini. Per Forza Italia, Stefania Craxi accusa il premier di fare «solo propaganda».

Nella prima puntata a Montecitorio, per il question time, Conte rinvia tutte le questioni divisive: autonomie? «Se ne discuterà in Parlamento». Manovra? «Se ne discuterà con le parti sociali». Sulla politica estera, dopo una requisitoria di Mara Carfagna che accusa il governo di «aver messo in discussione la nostra appartenza a Nato e Ue», Conte svicola imbarazzato. Quanto alla Tav, il minuetto è con il capogruppo leghista Molinari. Conte spiega che lui l'avrebbe «ridiscussa», perché a M5s non piace, ma siccome il perfido Macron non vuole allora bisogna farla. La Lega esulta, i grillini sono lividi.

Ma tanto la priorità, anche per i più accaniti NoTav è restare al governo: e persino il vecchio Beppe Grillo cala le braghe: «Decida il Parlamento».

Commenti