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Sánchez: "Sì al referendum, no all'indipendenza"

Il premier spagnolo apre al compromesso e offre l'autogoverno ai nazionalisti di Barcellona

Sánchez: "Sì al referendum, no all'indipendenza"

Madrid - «Dialogo e compromesso». Sono questi i due ingredienti, secondo il premier spagnolo Pedro Sánchez, per risolvere la scomoda questione catalana e non ripetere un nuovo autunno caldo di guerriglia urbana e scambi d'insulti. Lo ha ribadito ieri Sánchez, intervistato dall'emittente radiofonica Cadena Ser. Il capo dell'Esecutivo dallo scorso 2 giugno, si è detto anche favorevole all'organizzazione di un referendum per l'autogoverno della regione autonoma che, tra le diciassette, versa più contributi a Madrid (tra i 15 e i 17 miliardi di euro l'anno), ma che è attraversata da forti spinte separatiste, aumentate con gli ultimi tre governi.

Ieri, ai microfoni della radio più autorevole e antica di Spagna (Cadena Ser fu fondata nel 1924), Sánchez, rompendo un mese di obbligato silenzio sulla questione dell'indipendenza della Catalogna, dopo l'invito a confronto della Generalitat guidata da Quim Torra, ha dichiarato: «Vogliamo discutere e risolvere una crisi politica e lo faremo con un voto», insistendo che «dialogo e compromesso» sono la risposta più appropriata alla questione della Catalogna e che lui è favorevole a portare i cinque milioni di catalani al «voto per l'autogoverno», precisando che ciò non comporta «un referendum di autodeterminazione», perché la consultazione popolare sarebbe diretta esclusivamente alla realizzazione di un nuovo Statuto della Catalogna», perché a essere in gioco ora nella comunità guidata da Barcellona «non è l'indipendenza, ma la convivenza».

Quindi maggiore autonomia della Generalitat, ma non indipendenza, perché, come ha ricordato il premier socialista, il governo di Madrid «è contrario a tutti i simboli che dividono e separano», riferendosi alla proliferazione di nastri gialli, diventati nelle scorse settimane (come raccontato da Il Giornale), un simbolo per i separatisti per denunciare l'ingiusta detenzione dei loro politici e motivo di scontro con gli unionisti che in raid notturni li tagliano o bruciano infuocando gli animi degli indipendentisti in tutta la Catalogna, dove si sono registrati atti di tensione con spranghe e auto bruciate.

Sánchez rivolto ai leader separatisti, li ha esortati a porre fine alle «dinamiche di blocco». «La società catalana è divisa in due blocchi e noi dobbiamo rompere questa dinamica». Il premier, inoltre, ha ricordato che i catalani hanno «il diritto di votare per un nuovo Statuto».

Infatti, il precedente redatto nel 2007 dalla Generalitat, ai tempi del governo Zapatero, fu bocciato dalla Corte Costituzionale poiché definiva la Catalogna una «nazione», in antitesi contro la Carta del 1978 che sancisce «l'unicità e l'indivisibilità» della Spagna.

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