Cronache

Saccenti, naturisti snob e luogocomunisti. Che noia i "winelover"

Antropologia semiseria degli appassionati con cui condividiamo degustazioni e cene

Saccenti, naturisti snob e luogocomunisti. Che noia i "winelover"

S ono un sommelier. Sono un winelover. Amo il vino. E - lo confesso - non sopporto certi miei compagni di «pratica». Ne abbiamo identificati quattordici tipi più uno (quello che temiamo di più). Ecco il nostro piccolo museo degli orrori enologici.

Gli snob. Sono quelli che hanno sempre bevuto qualcosa di meglio di quello che hanno nel bicchiere. Ti fanno sentire stupido appena manifesti entusiasmo per un Supertuscan, appena di sbilanci per un Amarone, perché loro conoscono sempre qualche produttore che tu non conosci. E magari - ma questo pensiero non li sfiora mai - se non lo conosci c'è un motivo.

I ricconi. Ne fanno una questione di prezzo. Sembra che non riescano a godersi un bicchiere se non sia stato versato da una bottiglia che costi almeno 70 euro. Vivono l'enologia come fosse parente della gioielleria. Aperitivo da Tiffany.

I wedding planner. Sono i maniaci dell'abbinamento, quelli che devono cambiare etichetta a ogni piatto perché se sbagliano l'accoppiamento tra una portata e una bevuta si rovinano la serata. E questo ci potrebbe stare. Ma il guaio è che la rovinano anche a te.

I modaioli. Quelli che ora è soltanto Pinot Nero o Riesling, che qualche anno fa erano solo autoctoni (anche i più malfamati) o al massimo Borgogna, che a cavallo del millennio era solo Gewürztraminer o Cabernet Franc. Per loro i vini hanno due stagione: autunno-inverno e primavera-estate.

I segugi. Vanno a caccia del timo, della camomilla, del biancospino, del muschio, dell'albicocca (e ti specificano se acerba, matura, fresca, secca, candita, in confettura), del cuoio, del tabacco, della foglia di pomodoro, del peperone (verde, giallo o rosso). Un po' va bene, ma dopo un po' di sembra di stare a cena con un cane finanziere di quelli che sono all'aeroporto. E temi che ti facciano aprire la valigia.

I naturisti. Tutto deve essere naturale, bio, biodinamico, sostenibile. Ti spiegano per filo e per segno i danni che fanno la vendemmia meccanica e i lieviti selezionati. Poi se quello che c'è nel bicchiere è ossidato e stanco, chi se ne importa?

I saccenti. Tu l'hai mai provoato un Échézeaux 1998? Lui sì. Tu hai mai conosciuto Luigi Veronelli anzi Gino? Lui gli dava del tu. Tu hai mai degustato i vini con Bruno Gaja. Lui sì. Tu l'hai mai mandato a cagare. Noi sì.

I reducisti. Parenti stretti dei precedenti, sono quelli per cui l'annata migliore di quel vino non è mai quella che stai assaggiando ma sempre quella di almeno dodici vendemmie prima. Gli vorremmo dare un bel Frascati del 1974...

Gli statistici. Hanno in testa tutti i punteggi delle principali guide italiane, oltre a Robert Parker e Wine Spectator e cercano sempre conferma ai giudizi altrui, sentendosene rassicurati. Per loro il vino è una scienza esatta. Che palle.

Gli autoreferenziali. Sono quelli che parlano di vino sempre, prima, durante e dopo la bevuta. Il vino spiega il vino, che spiega il vino, che spiega il vino. Sono personaggi che noi siamo costretti a frequentare ed evitiamo, perché noi pensiamo che il vino e il cibo si godano di più mettendoli in relazione con il resto della vita e non restando sempre nella magnifica ma asfittica pozzanchera tannica.

I luogocomunisti. Quelli che il bianco mi dà il mal di testa, la bollicina solo nella flûte, il tannino allappa, il Sauvignon sa di pipì di gatto, il vino non si giudica dall'etichetta, il vino dolce sì purché non sia stucchevole, era meglio il vino del contadino.

I decantatori. Sono quelli che scarafferebbero anche un Freschello solo per il gusto della cerimonia, del gesto teatrale.

I frati tappisti. Sono quelli che sentono il tricloroanisolo anche in una bottiglia con il tappo in silicone, quelli che annusano il bicchiere vuoto e chiamano il cameriere per lamentarsi che sa di straccio bagnato, quelli che si lamentano con la vicina di degustazione che ha messo troppo profumo.

Gli attrezzisti. Sono gadgettari irrecuperabili. Hanno una dozzina di tipi di cavatappi che non sanno usare, il termometro, cinque o sei glacette, tracolle portabicchiere per gli ospiti, il coso per togliere la capsula, l'album in cui conservare le etichette. Poi ti offrono una Coca zero.

Gli astemi.

Sono i peggiori.

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