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Il saluto romano non è un reato se si commemora una vittima: Casapound assolta

Milano Il saluto romano non è reato, se chi lo fa vuole commemorare una vittima e non diffondere l'ideologia fascista. Lo afferma la corte d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui il 21 settembre ha confermato l'assoluzione di primo grado di Marco Clemente e Matteo Ardolino. I due esponenti di Casapound, accusati di apologia del fascismo, avevano salutato con il braccio teso alla commemorazione, il 29 aprile 2014, di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani. I giudici d'Appello spiegano che hanno compiuto «gesti rituali del disciolto partito» fascista. Tuttavia «non è chiaro» se «il loro comportamento abbia superato il confine della commemorazione per giungere alla condotta diffusiva» dell'ideologia. Il sostituto pg Annunziata Ciaravolo e l'Anpi (parte civile) avevano chiesto la condanna a sei mesi di carcere. La Procura aveva ribadito per gli imputati la «volontà diffusiva della ideologia fascista, intrinsecamente connessa alla modalità della manifestazione commemorativa».

Aggiungono le motivazioni: «Non vi è dubbio» che ci siano stati da parte di Clemente e Ardolino, difesi dai legali Vanessa Bonaiti e Jacopo Cappetta, richiami all'ideologia del fascismo, come «la chiamata al presente e il saluto romano». Ma, scrivono i giudici, «appaiono dubbie la volontà e la capacità diffusiva della manifestazione stessa». Infatti sono penalmente rilevanti le manifestazioni in cui i «gesti di richiamo all'ideologia fascista siano svolti in occasione di una riunione pubblica», mentre in questo caso si trattava di una manifestazione «commemorativa». Per ricordare «la morte di tre persone, uccise nell'ambito di una violenta lotta politica». I partecipanti «hanno sfilato in assoluto silenzio, con un atteggiamento di rispetto». Infine per la Corte, l'evoluzione «storico sociale impone di valutare in maniera più rigorosa la sussistenza o meno del pericolo di diffusione dell'ideologia».

CBas

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