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La salvezza è il rilancio dell'edilizia

Se non si farà qualcosa per stimolare la nostra economia rimarremo al palo

La salvezza è il rilancio dell'edilizia

Il 2015 si è aperto con due notizie buone e due cattive. La prima notizia buona è che il prezzo del petrolio si aggira, ormai, sui 50-60 dollari il barile, la metà di quello preesistente da lungo tempo. Su questo livello oscillerà nel 2015 e nel 2016 nonostante le guerre e guerriglie calde e fredde, in zone petrolifere. Il basso prezzo del petrolio e del gas riduce la nostra dipendenza energetica e il costo delle nostre importazioni e rilancia (potenzialmente) le nostra industrie di trasporti aerei, quelle siderurgiche e le altre industrie «energivore».

La seconda notizia buona è che Draghi, nonostante tutti gli ostacoli frapposti da tedeschi ed eurocrati, alla sua politica monetaria espansiva, è riuscito a creare tanta liquidità da far scendere l'euro con il dollaro verso il cambio di 1,20 che riflette i veri poteri di acquisto. E ciò spinge l'export, mentre il calo dei prezzi petroliferi sterilizza il maggior costo delle importazioni in dollari. Però, a gettare acqua sulle fiamme dell'ottimismo, ecco le due notizie cattive. La prima è che la riduzione dei prezzi petroliferi riduce il tasso di inflazione in Italia e in Europa dello 0,4% nel 2015 e dello 0,8% nel 2016. Perciò il rischio di deflazione, cioè di caduta dei prezzi, che sembrava diradarsi è tornato a mordere l'eurozona, creando problemi a chi ha debiti. Sia i calcoli della Bundesbank che dell'Istat, conducono al risultato che, se non si pone rimedio a ciò, il ribasso del petrolio non servirà a far aumentare il Pil, che ristagna. Per Italia e Germania, per l'Istat, il beneficio sarà 0 nel 2015 e +0,1 nel 2016. Nel resto dell'eurozona sarà +0,1 nel 2015 e +0,2 o +0,3 nel 2016. Quasi niente.

Così l'Italia che è il vagone di coda dell'eurozona, rimarrà al palo, se non si farà qualcosa d'altro, per stimolare la nostra economia. La seconda notizia cattiva è che la Bundesbank e i tedeschi un giorno sono a favore e un altro giorno contro il cosiddetto «quantitative easing» progettato da Draghi per la metà-fine di gennaio, con cui la Bce dovrebbe sconfiggere la deflazione. Esso consiste nell'acquisto da parte della Bce di titoli del debito pubblico dei Paesi membri dell'eurozona, già esistenti sul mercato, onde alleggerire il peso del debito sul Pil e immettere denaro nel sistema bancario per finanziare l'economia.

Questo intervento, che non è una ricetta magica, ma è certamente utile, potrebbe venir dilazionato e sarà forse stemperato. E sempre nell'ambito delle cattive notizie, che riguardano i centri decisionali (o indecisionali) europei, c'è il nulla di fatto da parte del governo dell'Unione europea, in relazione alla politica di rilancio degli investimenti di sua competenza. Il piano Junker è simile, su scala europea, anziché italiana a quelli di Renzi, cioè parole e non fatti. Così come non si vede il piano di investimenti italiano, denominato «sblocca Italia», latita quello di Junker. Però la «Nota mensile del 30 dicembre» dell'Istat fa intuire che una via di uscita, noi la avremmo, che non costerebbe molto: quella del rilancio dell'edilizia. Infatti il volume della produzione della nostra industria manifatturiera, rispetto al 2010, attualmente è il 10% in meno che nel 2010, ma quello dell'edilizia è il 30% in meno. E ciò dipende dalle imposte introdotte dopo la caduta del governo Berlusconi.

Uno sgravio fiscale dell'edilizia mediante le due proposte berlusconiane di abrogazione per un anno dell'imposta di registro sulle cessioni di immobili e la abolizione della tassazione della prima casa, basterebbe a rilanciare la nostra economia, senza piano Junker. E se il governo avesse il coraggio di stabilire che, come in Germania, il contratto di lavoro aziendale prevale su quello nazionale, e che l'articolo 18 non vale mai per i licenziamenti disciplinari (compresi i pubblici), il quadro sarebbe ancora migliore.

Per ora, però, nell'oroscopo, ciò non c'è.

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