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Da Salvini e Giorgetti due "pizzini" ai 5 Stelle: l'alleanza può saltare

La Lega non vuole la rottura, ma teme i colpi di testa dei grillini sui processi

Da Salvini e Giorgetti due "pizzini" ai 5 Stelle: l'alleanza può saltare

La Lega passa al contrattacco e lancia un doppio avvertimento al capo politico del M5S Luigi di Maio: «Il contratto è sacro. Ma bisogna tenere gli occhi ben aperti». Nel day after delle polemiche tra i ministri Giulia Buongiorno (Pubblica amministrazione) e Alfonso Bonafede (Giustizia) sull'emendamento al Ddl anti-corruzione, che cancella la prescrizione, il Carroccio schiera, con una doppia intervista (Corriere e Repubblica), i big Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti. Mettendo i patti in chiaro con il M5S: se l'ala giustizialista grillina tira la corda, la Lega è pronta a far saltare l'alleanza. La seconda opzione - minacciano i leghisti è chiedere la poltrona a Palazzo Chigi per il ministro dell'Interno. Scenario concreto, alla luce dei sondaggi che certificano il sorpasso del Carroccio sui Cinque stelle. Un doppio pizzino che manda in fibrillazione i pentastellati. La Lega valuta l'ipotesi di passare all'incasso. Chiedendo un cambio alla guida del governo. In alternativa c'è l'idea di accelerare per un ritorno alle urne. Scenario che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio lascia trapelare nell'intervista a Repubblica: «L'alleanza si basa sulla fiducia reciproca. Se iniziamo a pensare ai sondaggi, ai giornalisti, all'ancien régime che vuole farci litigare per farci cadere, allora finisce male. Sta a noi evitare che accada. In realtà io e Matteo siamo molto preoccupati dai sondaggi sulla Lega. Perché li riteniamo un po' gonfiati. E poi perché rischiano non solo di dare alla testa agli alleati, ma anche di provocare un'ubriacatura tra qualcuno dei nostri». «E con il 30 % - spiega Giorgetti - Salvini potrebbe chiedere per sé Palazzo Chigi». E' il succo dell'intervista: la Lega può chiedere la testa di Conte. E non è escluso che la richiesta non possa arrivare dopo le elezioni europee. Una manovra di accerchiamento, concordata, che riporta Giorgetti e Salvini sullo stesso fronte di guerra, dopo qualche contrasto sul decreto fiscale. E che mette il vicepremier Di Maio con le spalle al muro. Anche perché il titolare del Viminale chiude le trattative a eventuali modifiche sul Decreto sicurezza. Il ministro del Lavoro incassa la minaccia e tiene i toni bassi. L'unica replica è affidata al fido Stefano Buffagni, sottosegretario agli Affari regionali. Le interviste di Salvini e Giorgetti confermano le tensioni nella maggioranza. È in arrivo una settimana di turbolenze per il governo: Dl sicurezza, legittima difesa, manovra, prescrizione. Temi su cui non c'è intesa tra Lega e M5S. Sulla prescrizione le condizioni di Salvini sono chiare: «Quello che firmo io mantengo, gli impegni che prendo li rispetto». E aggiunge: «La riforma della giustizia e anche della prescrizione sono nel contratto di governo e li faremo. Però, la giustizia è affare delicatissimo: se ci si mette mano, bisogna farlo bene. Bongiorno ha una grande credibilità, di certo non può essere accusata di berlusconismo. Io sono d'accordo sul fatto che i processi debbano avere una fine e che non possano essere prescritti solo quelli di chi ha i soldi. Io dico: riformiamo la prescrizione, ma facciamolo in maniera efficace. Non necessariamente un emendamento presentato dalla sera alla mattina è il modo migliore». Quella di una riforma complessiva della giustizia è la strada suggerita anche da Giorgetti: «Non mi intendo di diritto penale, ma non credo che sia nei termini proposti dai relatori della legge. Bonafede si confronterà con i nostri esperti e troveremo una soluzione».

La linea leghista è chiara: senza un compromesso l'alleanza è a rischio.

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