Politica

Salvini e Di Maio costretti alla (finta) tregua

La maggioranza sbanda di continuo: serve un nuovo patto per dare l'idea di compattezza

Salvini e Di Maio costretti alla (finta) tregua

Dopo settimane passate a pestarsi i piedi su ogni tema, coprendo il ruolo di maggioranza e opposizione insieme, Di Maio e Salvini devono aver intuito che il giochino stava diventando controproducente.

Anche perché, per la prima volta dalla sua nascita, il governo si trova assediato da un nemico insidioso: la realtà. Che, per l'occasione, prende le sembianze dell'Ocse, dell'Ue, di Confindustria, di tutte quelle entità che in questi giorni stanno sventolando sotto il naso dell'ineffabile premier Conte e dei suoi vice i reali, pesantissimi numeri del loro fallimento economico. Ecco dunque che, per provare ad uscire dall'angolo e a distrarre l'attenzione della pubblica opinione, la maggioranza cambia copione. Così ieri, con una spettacolare capriola, Lega e Cinque Stelle hanno votato insieme alle opposizioni una norma che appena una settimana fa avevano bocciato: il reato di revenge porn. È il primo provvedimento approvato all'unanimità da questo Parlamento, tra grandi applausi dell'aula di Montecitorio. Ma l'aspetto surreale è che quel che è stato approvato ieri era lo stesso esatto testo (allora sotto forma di emendamenti delle opposizioni) che grillini e Carroccio avevano respinto mercoledì. Aveva fatto parecchio clamore il fatto che a votare contro la norma fosse stata anche Giulia Sarti, la grillina vittima di uno strano caso a cavallo tra revenge porn e ricatto politico, che così si giustificava: «La materia è talmente delicata che non può risolversi con un semplice emendamento». Ossia esattamente quel che è successo ieri e che la Sarti - si presume - stavolta ha votato tutta contenta.

Ma il revenge porn, sia pur unanime, difficilmente basta a zittire l'Ocse, la Ue e tutti coloro che denunciano che i conti italiani stanno andando a rotoli. Né a tenere a bada le delusioni e i malumori degli elettori, che iniziano a trapelare dai sondaggi e a preoccupare anche la Lega. La sensazione crescente nell'opinione pubblica è che al volante dell'Italia non ci sia nessuno e che la maggioranza non riesca a prendere una sola decisione per far fronte al disastro incombente. Ecco allora che ieri si è tentato di dare un'immagine di decisionismo, facendo vedere che davanti al «nemico esterno» la maggioranza si ricompatta e sa reagire. Ecco dunque l'annuncio che l'oscuro «decreto crescita», dopo mesi di annunci, verrà partorito «in settimana» (e conterrà un bel condono fiscale, che in campagna elettorale è sempre utile). Ed ecco che anche il «decreto sblocca-cantieri» riemerge di colpo da gorghi delle risse interne all'esecutivo: era stato «approvato» il 20 marzo ma era solo un guscio vuoto, perché Lega e M5s non si mettevano d'accordo su nulla. Adesso dicono che Di Maio avrebbe ceduto alla pressione leghista sulla libertà di subappalto e che il testo è quasi pronto.

I sindacati lo ribattezzano «sblocca-porcate», ma fa niente: l'importante per i gialloverdi è dar l'idea di fare qualcosa.

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