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Salvini fa la voce grossa: vogliono prendersi le nostre aziende migliori ma non ci riusciranno

Il vicepremier sullo scontro con la Ue: dobbiamo stare attenti, se lo squalo sente il sangue è finita

Salvini fa la voce grossa: vogliono prendersi le nostre aziende migliori ma non ci riusciranno

Milano - La sala è affollata, ma Matteo Salvini non cerca l'applauso facile. Mario Giordano, sul palco della kermesse Italia «Direzione Nord» lo mitraglia di domande e vuol sapere come finirà il braccio di ferro con l'Europa. Il vicepremier a sorpresa allarga il tema e quasi lo sposta più in là: «Ma voi credete che a Juncker interessi davvero la Fornero o le assunzioni dei vigili del fuoco?».

L'uditorio, accorso nella suggestiva cornice delle Stelline, è costretto a seguire il ministro dell'Interno in una riflessione venata di inquietudine che va oltre i bersagli tradizionali: «L'obiettivo - riprende il vicepremier seduto al tavolo con i governatori Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana - è portarci via le migliori imprese del made in Italy. Ci sono riusciti con la piccola Grecia, cercano di replicare il colpo con la grande Italia. Per questo manovrano la leva finanziaria, lo spread e i mercati. Ma non ce la faranno a sovvertire la nostra democrazia. Però dobbiamo stare attenti: se a uno squalo fai sentire l'odore del sangue è finita».

Il pubblico applaude, lui insiste: «Il problema non è Juncker, il problema non è Moscovici». Il tema, semmai, è quello della colonizzazione del nostro Paese: «Vogliono farci litigare, vogliono dividerci», con l'obiettivo evidente di spolpare il patrimonio tricolore, «ma dobbiamo rimanere compatti».

Il governo traballa e scricchiola, ma Salvini resta ottimista: «Farò di tutto perché si vada avanti e si realizzino tutti i punti previsti dal contratto. Certo - ironizza il leader leghista - nel contratto non c'è il divieto di caffè e penso di poter bere un caffè con chi mi pare». Dunque, anche con Silvio Berlusconi che il leader della Lega ha incontrato nei giorni scorsi provocando le ire dei 5 Stelle.

Bastone e carota, il vice di Conte è abilissimo nel sottolineare insieme meriti e limiti degli alleati grillini. «Ho visto - attacca - il mio amico di Di Maio leggere centinaia di pagine sulla vicenda Ilva e poi incontrare moltissime persone. Si è impegnato e in breve ha chiuso un accordo molto più brillante di quello raggiunto dopo anni da quel genio di Calenda».

Però su immondizia e infrastrutture non ci siamo: «I rifiuti non evaporano e l'Italia ha un bisogno disperato di opere pubbliche. La Tap si fa, le Pedemontane si fanno, il Terzo valico si fa, sulla Tav aspettiamo la relazione costi-benefici, ma l'Italia non può restare immobile».

Giordano prova a farlo litigare con Di Maio, ma lui si tiene in un perfetto equilibrio. E marcia di corsa verso il futuro: «Sul reddito di cittadinanza abbiamo messo dei paletti e introdotto dei correttivi». «Ma allora - chiede con la giusta dose di perfidia il conduttore del dibattito - il reddito di cittadinanza ti piace?». Salvini, che ha già un piede sull'aereo, questa volta in direzione Caserta e Terra dei Fuochi, non si sottrae: «Tutto quello che c'è nel contratto mi piace».

Sorrisi. Pacche sulle spalle e selfie. C è ancora tempo per pungere l'Europa e tranquillizzare chi teme un tradimento delle promesse elettorali: «Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani, difenderemo i risparmi, i 5 miliardi che vogliono prenderci, e diremo no alla patrimoniale», come invece suggerisce qualcuno ai piani alti di Bruxelles. «Non lascio il futuro dei miei figli a qualche euroburocrate - è la conclusione - che poi va a fare il consulente per qualche multinazionale. Siamo Davide contro Golia ma questa volta il gigante siamo noi».

E la sfida alla Ue viene rilanciata a poche ore dalla probabile dichiarazione di guerra dell'Europa.

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