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Salvini grida all'inciucio che può tagliarlo fuori

Il leader della Lega sospetta intese tra Pd e M5s. E si scalda: "Lavoriamo alla squadra di governo"

Salvini grida all'inciucio che può tagliarlo fuori

Matteo Salvini sente puzza di inciucio e affonda il colpo contro l'ipotesi di un accordo Pd-M5s. L'occasione per attaccare a testa bassa grillini e democratici è il rinnovo dei vertici dei Servizi segreti: «Gentiloni che procede alla proroga degli incarichi dei Servizi è una cosa vergognosa che arriva a tre giorni dal voto degli italiani che hanno delegittimato il governo e bocciato i ministri», commenta all'Adnkronos il leader della Lega. «C'è qualcuno - spiega Salvini - che rinnova cariche come se nulla fosse per una cosa di cui non si ravvisano urgenze. Non vorrei che ci fossero altri ragionamenti dietro, non vorrei sia questa l'anticamera di un accordo Pd-M5s, visto il silenzio degli stessi pentastellati».

Un'altra conferma sul dialogo avviato con il M5s per trovare la maggioranza in Parlamento arriva con le smentite dei big del Pd, da Luigi Zanda a Dario Franceschini. Nel partito, solo Sergio Chiamparino e Michele Emiliano non chiudono la porta a un governo Di Maio. Il neo arrivato, Carlo Calenda, stronca sul nascere una possibile trattativa: «Se il Pd si allea con il M5s il mio sarà il tesseramento più breve della storia dei partiti politici», scrive su Twitter il ministro dello Sviluppo Economico (ma non esclude la convergenza su singole norme) mentre il leader della minoranza, Andrea Orlando, è ancora più netto: «Il 90% del gruppo dirigente del Pd è contrario ad un'alleanza con il M5S».

La corsa del Pd a smentire la trattativa con il M5s insospettisce Salvini, che non si fida delle dichiarazioni di facciata e teme un nuovo colpo di mano, mentre annuncia di essere già al lavoro per la squadra di governo: «Andare al governo è il nostro obiettivo. Stiamo lavorando alla squadra e, nel rispetto delle scelte del presidente della Repubblica, siamo pronti a incontrare le forze politiche rappresentate in Parlamento». L'attacco del leader del Carroccio serve anche a sgombrare il campo sull'ipotesi di una possibile convergenza tra M5s e Lega: i contatti tra i due trionfatori delle urne sono congelati e se il centrodestra non avrà la maggioranza per governare, la Lega sarà all'opposizione. D'altronde, è il ruolo che Salvini sa fare meglio e che potrebbe tornargli utile elettoralmente. Il silenzio di Luigi di Maio sul blitz dell'esecutivo sui vertici dell'intelligence è più di un indizio su una trattativa in corso per la nascita di un governo a guida grillina con l'appoggio di parte dei dem. Il capo politico del M5s, da Pomigliano, dove ha festeggiato l'esito delle elezioni, mostra un volto dialogante: l'obiettivo è andare a Palazzo Chigi. Anche con i voti del Pd. Usa un linguaggio da prima Repubblica, parlando di convergenza sui programmi. La strategia è chiara: smorzare i toni e mettere sul piatto le presidenze di Camera, Senato e commissioni per ottenere la fiducia in Parlamento.

Il 23 marzo si insedieranno le nuove Camere: l'elezione dei presidenti sarà il primo passaggio chiave per sondare il terreno su possibili convergenze. Salvini non vuole tradire il patto con gli elettori che hanno votato la coalizione di centrodestra. Per ora la partita del leader leghista si gioca tutta all'interno del proprio schieramento: il pranzo di ieri a Portofino con il governatore della Liguria Giovanni Toti va nella direzione di mantenere fede al patto elettorale. Patto a cui Silvio Berlusconi non vuol venir meno, ribadendo fedeltà all'alleato leghista. C'è però l'ostacolo dei numeri: per arrivare a quota 316 servono 53 deputati.

Una strada in salita che Berlusconi, Salvini e Meloni hanno il dovere, per ora, di percorrere insieme.

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