Strage di Las Vegas

Sangue al concerto nella notte di Las Vegas. L'ombra lunga dell'Isis sulla strage peggiore

58 morti e 500 feriti nella sparatoria più sanguinosa della storia Usa. Il killer ha aperto il fuoco sulla folla dalla camera di un hotel. Il Califfato si intesta il massacro, l'Fbi nega. Trump: "Pura malvagità"

Sangue al concerto nella notte di Las Vegas. L'ombra lunga dell'Isis sulla strage peggiore

New York - Un tiro a segno sulla folla degno del più sanguinario dei film horror, che in pochi minuti ha trasformato il festival di musica country Route 91 Harvest di Las Vegas in uno scenario apocalittico. Gli Usa sono sotto shock per un'altra drammatica notte di terrore, con un bilancio che si aggrava di ora in ora ed è già a 58 morti e oltre 500 feriti, la peggiore strage che l'America contemporanea ricordi. Tutto è iniziato poco dopo le 22 locali di domenica (le sette di ieri mattina in Italia) nella città del Nevada, quando i 22mila spettatori che stavano ascoltando l'esibizione di Jason Aldean si sono improvvisamente trovati in mezzo a una pioggia di fuoco e hanno iniziato a fuggire in preda al panico. La raffica di proiettili è stata esplosa dal 32° piano del Mandalay Bay Resort and Casino, uno degli hotel sulla famosissima Strip di Las Vegas, dal 64enne Stephen Paddock, che poi si è suicidato.

Il presidente Donald Trump, in un messaggio in diretta tv alla nazione, lo ha definito un «atto di pura malvagità»: «Oggi è un giorno di shock e dolore per il nostro Paese», ha affermato il Commander in Chief, che ha ordinato le bandiere a mezz'asta e domani sarà a Las Vegas con la first lady Melania. Trump non ha parlato di terrorismo, ma ha lanciato un appello per «l'unità e la pace negli Usa», plaudendo alla reazione «miracolosa» della polizia, che ha salvato tante vite.

Ma è giallo sui motivi che hanno spinto Paddock, cittadino americano, bianco, residente nella vicina Mesquite, a compiere la mattanza. L'Isis tramite il sito Site, che monitora le attività jihadiste sul web, ha rivendicato la strage, affermando che il killer «è un soldato dello Stato Islamico». Ma su questa rivendicazione ci sono molti dubbi, visto che l'Fbi ha dichiarato come «a questo punto non è stata trovata nessuna connessione con un gruppo terroristico internazionale». E la polizia ha parlato di «psicopatico» che avrebbe agito da solo. «Nulla di particolare» è emerso neppure dalle prime perquisizioni nell'abitazione dove il 64enne in pensione viveva. Anche per il fratello, Eric Paddock, il killer non aveva alcuna affiliazione politica o religiosa: «Non ci sono segreti nel suo passato, era uno normale. Non abbiamo idea, qualcosa deve essere successo, deve aver perso la testa, siamo sotto schock». «Ci sentiamo come se un asteroide ci fosse caduto in testa», ha raccontato ai media Usa.

Intanto la polizia ha interrogato Marilou Danley, 62enne di origine asiatica che Eric ha indicato come la fidanzata del fratello, «una signora carina», che viveva con lui nella cittadina di circa 18mila abitanti vicino alla frontiera con l'Arizona. E che secondo le forze dell'ordine la donna non sarebbe coinvolta. Paddock, invece, non aveva precedenti, a parte alcune violazioni stradali minori, e visitava frequentemente Las Vegas per giocare al casinò. Da giovedì alloggiava all'hotel Mandalay Bay, e nella sua stanza sono stati trovati almeno 10 fucili, come ha spiegato lo sceriffo Joe Lombardo. Per ora gli investigatori credono che le armi siano state acquistate legalmente, ma c'è il sospetto che almeno una di quelle usate per la strage - tra cui una calibro 223 e una calibro 308 - siano state alterate per funzionare come armi automatiche. Con sé, ha spiegato Lombardo, lo sparatore aveva anche un attrezzo simile a un martello, che ha usato per rompere le finestre della stanza prima di esplodere le raffiche di proiettili contro la folla. Le autorità pensano che l'uomo abbia portato da solo le armi nell'hotel, e ci si chiede come mai nessuno della security o degli addetti alle pulizie abbia notato un tale arsenale in quattro giorni.

La strage ha riaperto anche il dibattito sul controllo delle armi da fuoco in America, su cui si è battuto per anni (senza successo) l'ex presidente Barack Obama. L'ex candidata democratica alla Casa Bianca Hillary Clinton, invece, chiede di opporsi alla National Rifle Association, la più potente lobby Usa delle armi. «Il nostro dolore non è abbastanza.

Possiamo e dobbiamo mettere da parte la politica e prendere posizione contro la Nra - ha scritto su Twitter - Dobbiamo lavorare insieme per evitare che questo succeda di nuovo».

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