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Scala, l'ira di Fontana: "Pereira va cacciato"

Oggi cda infuocato: si decide l'ingresso dei sauditi nel teatro. Il giallo dei 3 milioni di acconto versati

Scala, l'ira di Fontana: "Pereira va cacciato"

«In qualunque cda, a qualsiasi latitudine, il comportamento tenuto dal signor Alexander Pereira provocherebbe il suo licenziamento». Alla vigilia di un consiglio di amministrazione del Teatro alla Scala di Milano che si preannuncia infuocato, il governatore della Lombardia Attilio Fontana ieri è arrivato a mettere sul tavolo anche il benservito al sovrintendente. Dopo settimane di polemiche sul possibile ingresso dell'Arabia Saudita o della società petrolifera Saudi Aramco tra i soci fondatori, il cda fissato oggi alle 11 sarà un regolamento di conti. A scatenare l'ira del presidente leghista è stata la notizia che i sauditi avrebbero già versato su un conto transitorio a disposizione di un notaio milanese un acconto di 3,1 milioni (sui 15 previsti) per due concerti a Riad nel 2020 e la realizzazione di un'Accademia per musicisti. Fondi propedeutici all'accesso come soci. Il versamento quindi sarebbe scattato 10 giorni dopo la seduta in cui membri del cda avevano sollevato obiezioni sull'ingresso di un Paese «che non rispetta i diritti civili» nel tempio della lirica, simbolo a livello internazionale. Ogni decisione (o atto) era rinviata alla seduta di oggi. Secondo il Corriere della sera, sull'anticipo «erano d'accordo il presidente, ossia il sindaco Beppe Sala, e il governatore». Ma Fontana nega categoricamente. «Pereira non mi ha consegnato alcuna documentazione che facesse riferimento al versamento di tre milioni. Ne ha fatto cenno per la prima e unica volta, e quasi involontariamente dicendo forse adesso dovrò rimandare indietro i soldi, durante la conversazione avvenuta nel mio ufficio lo scorso 8 marzo. Nonostante la sorpresa e l'irritazione ho ritenuto di non rendere pubblica in quel momento l'informazione per rispetto della Scala e per tenere fede alla consegna del silenzio fino al cda» come richiesto dal sindaco. «È evidente almeno dalle indiscrezioni giornalistiche - contesta - che il sovrintendente confonde le tardive e superficiali informazioni che mi ha dato con un presunto consenso, né richiesto, né tantomeno dato. È chiara l'attitudine di Pereira a creare confusione per coprire la preoccupante disinvoltura con cui ha gestito la politica culturale della Scala e la sua immagine nel mondo. Ancora più grave è il fatto di aver comunque accettato dei fondi a prescindere dalle decisioni del cda e addirittura prima che si riunisse».

Più cauto il ministro M5s ai Beni culturali Alberto Bonisoli, di passaggio ieri a Milano per la fiera degli editori indipendenti «Bookpride». La Scala è una Fondazione autonomia, «il ministero - premette - è un ente vigilante e come tale dobbiamo muoverci con grande cautela perché tutto quello che diciamo, le posizioni che prendiamo, diventano subito operative. L'acconto? È in atto una verifica di alcuni aspetti, domani se ne parlerà nel cda e aspetto di conoscere la posizione». Ma aggiunge che il caso Scala «è importante non solo per il teatro milanese ma come esempio in Italia, abbiamo diverse fondazioni tecnicamente identiche. Accettare o meno la sponsorizzazione di un Paese straniero è qualcosa che un domani potrebbe essere usato come ispirazione o come sentiero da non percorrere da parte di altri». Fi e Fdi bocciano l'ingresso.

E il deputato della Lega Alessandro Morelli accusa anche Sala: «Chiedendo silenzio voleva nascondere non un progetto ma la realtà: la svendita è già partita».

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