Mondo

La prima scelta di Bolsonaro. Il giudice anti-Lula al governo

Il pm Moro, in prima linea contro la corruzione, avrà un superdicastero che comprende Giustizia e Sicurezza

La prima scelta di Bolsonaro. Il giudice anti-Lula al governo

Sergio Moro, il giudice che nel 2014 diede inizio a Curitiba alla Lava Jato, la Mani Pulite verdeoro diventata uno spartiacque nella storia del Brasile contemporaneo, dal prossimo primo di gennaio sarà ministro della Giustizia e della Sicurezza Pubblica del «presidente eletto» Jair Bolsonaro. Un superministro, come scritto da tutti i media. «Accetto l'offerta del presidente per implementare un'importante lotta contro corruzione e criminalità organizzata ha detto il giudice ieri in un comunicato - sottolineando come si atterrà nel suo agire alla Costituzione, alla legge e ai diritti». Un chiarimento scontato ma dovuto, soprattutto dopo che l'ex presidente Dilma Rousseff ieri aveva definito «un re nudo» lo stesso Moro, in quanto a suo dire «autoritario», «fascista» e, soprattutto, colpevole di tutti i mali che hanno colpito lei, il partito dei lavoratori, il Pt e il suo mentore, Lula, da oltre sei mesi in carcere per corruzione e riciclaggio. Certo, Moro aveva condannato in primo grado a 9 anni l'ex presidente dei poveri, peccato solo che in appello tre altri giudici avessero aumentato la pena ad oltre 12 anni per le prove schiaccianti.

Se Moro ha accettato l'invito di Bolsonaro lo ha fatto per «consolidare le scoperte contro il crimine e la corruzione fatte negli ultimi anni ed evitare così il rischio di battute d'arresto». L'operazione Lava Jato ha assicurato il futuro superministro - continuerà comunque a Curitiba «con i valorosi giudici locali. In ogni caso, per evitare inutili polemiche, devo immediatamente ritirarmi dalle prossime udienze». Dunque, già nei prossimi giorni, a interrogare Lula nel processo sulle tangenti e la corruzione legata alla villa di campagna di Atibaia altro immobile oltre al triplex sul mare che lo ha già portato in carcere intestato a un suo prestanome - sarà una giudice donna, Garbriela Hardt.

Moro è stato artefice dell'operazione anti-corruzione più grande «non solo della storia brasiliana ma anzi dell'umanità» dice il giornalista e scrittore Diogo Mainardi socio fondatore dell'Antagonista, vera Bibbia del giornalismo investigativo verde-oro. Una verità supportata dai valori sequestrati in mezzo mondo solo dalla Svizzera sono già stati rimpatriati in Brasile circa un miliardo di euro che per le multe pagate presso la corte di New York da multinazionali come Petrobras (petrolio) e Odebrecht (ingegneria edile) con oltre 6 miliardi di dollari versati sull'unghia solo per chiudere le denunce sin qui fatte. Per non dire dei presidenti eletti grazie ai finanziamenti illeciti un po' in tutta l'America latina e degli imprenditori e dei politici di altissimo calibro finiti dietro le sbarre. In primis proprio quel Lula a capo di uno schema di tangenti così capillari da aver fatto finire in carcere anche ex presidenti di altre nazioni, il peruviano Ollanta Humala o il leader di immensi imperi imprenditoriali come lo stesso Marcelo Odebrecht.

Moro si ispira da tempo alla Mani Pulite italiana e, non a caso, negli ultimi anni sono stati molto frequenti i viaggi di ex giudici italiani in terra brasiliana, per confrontarsi e consigliarlo, come Di Pietro e Davigo. Basta rileggere oggi un suo testo del 2004 sul nostro paese dove scriveva che «tra le cause della caduta del sistema corruttivo italiano che hanno reso possibile Mani Pulite ci sono i costi crescenti» uniti a una «congiuntura economica difficile». Evidenziando già 14 anni fa «la rilevanza della democrazia per l'efficacia dell'azione giuridica nel combattere la corruzione e le sue cause strutturali» e, soprattutto, osservando che ci sono «molteplici condizioni istituzionali necessarie perché sia realizzata un'azione simile in Brasile, dove l'efficacia del sistema contro i crimini commessi da pubblica amministrazione, politici e grandi imprese, a cominciare da quello della corruzione, è come minimo dubbia».

E non è un caso che Moro sia arrivato dov'è proprio nel giorno in cui si stanno evidenziando nuovi elementi sul tentativo di fare evadere dal carcere Marcola, il capo storico del Pcc, il cartello di Medellin del Brasile contemporaneo che secondo polizia avrebbe anche armato la mano dell'oscuro accoltellatore di Bolsonaro, lo scorso 6 settembre.

Commenti