Cronache

"Scene drammatiche Ho visto piangere anche i soccorritori"

«Non chiamateci eroi, magari avessimo potuto scavare a mani nude ma la neve era troppo dura. Abbiamo solo fatto il nostro lavoro, nella speranza di trovare persone ancora vive»

"Scene drammatiche Ho visto piangere anche i soccorritori"

«Non chiamateci eroi, magari avessimo potuto scavare a mani nude ma la neve era troppo dura. Abbiamo solo fatto il nostro lavoro, nella speranza di trovare persone ancora vive». Gianluca Giangiacomo, assistente capo del distaccamento della Polizia stradale di Penne e rappresentante del Sap (sindacato autonomo di polizia) è stato tra i primi a raggiungere il luogo del disastro dell'hotel Rigopiano.

A che ora è arrivato?

«All'alba del giorno successivo alla slavina, ma era dalla sera prima, dal momento dell'allarme, che tentavamo di salire. C'erano tre metri di neve, la situazione era difficilissima».

Che scenario le si è prospettato davanti?

«Speravamo di trovare qualcosa di meno drammatico. Conosciamo bene quei posti, perché ci lavoriamo. Eravamo stati su neanche due giorni prima. Ci è apparso davanti un ammasso di neve e la parte superiore dell'albergo con piani rialzati divelti e spostati in avanti di diversi metri. Non c'era più nulla».

Secondo lei si poteva prevedere la valanga?

«È difficile da dire, però i vecchi del posto ricordano di una slavina che cadde proprio nello stesso posto nel 1939. All'epoca c'era un rifugio e si narra che fu investito dalla massa di neve. Le persone all'interno si salvarono perché la struttura resse e perché avevano del cibo. Nello stesso posto, in seguito, fu costruito l'hotel».

C'è il rischio di altre slavine?

«Ce ne sono state, ma su altri versanti della montagna, in aree boschive. Il problema è che si è creato un canalone che va dritto sull'hotel».

Che ha pensato una volta arrivato su?

«Ho sperato ci fossero superstiti. Siamo rimasti lì, non sentendo neanche la pesantezza dei turni prolungati. Ma quando sono venuti da noi gli uomini del soccorso alpino e del volontario Cai, li abbiamo visti con le lacrime agli occhi e lì abbiamo capito che era qualcosa di troppo grande».

Come è stato possibile che alcune persone si siano salvate?

«La parte delle terme con piscina interrata, pur sfondata dalla neve, sul davanti ha resistito. È lì che erano i bambini, nella zona della sala giochi col biliardo. C'ero stato tempo fa con mio figlio. Lì è un punto abbastanza duro dell'albergo con stanze che hanno fatto da bunker».

Sperate di trovare ancora qualcuno vivo?

«A questo punto le speranze si affievoliscono.

I superstiti hanno avuto la fortuna di essere in zone non a contatto con la neve».

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