Politica

Lo schiaffo di Scalfari a De Benedetti "Come l'ex che sfregia chi non ama più"

Fondatore contro ex editore: «Non può fare il presidente onorario»

Lo schiaffo di Scalfari a De Benedetti "Come l'ex che sfregia chi non ama più"

Massimo Malpica

Roma Eccolo, il fondatore. Il «signore molto anziano che non è più in grado di sostenere domande e risposte» - stando alla poco graziosa definizione data a Lilli Gruber da Carlo De Benedetti - risponde con un'intervista raccolta da Francesco Merlo alle accuse lanciate in tv dall'Ingegnere, che se l'era presa non solo con Eugenio Scalfari, ma anche con la direzione e con la sua Repubblica, considerata orfana della propria identità.

L'ultimo capitolo dello scontro in atto a largo Fochetti, però, attinge a piene mani anche ai sentimenti. Perché pur togliendosi molti sassolini dalle scarpe il decano del giornalismo italiano racconta il lungo rapporto tra lui e De Benedetti con un fondo di nostalgia - e di amarezza - degno di una storia d'amore, anche se l'amore sembra ormai decisamente finito. Di certo il fondatore di Repubblica replica proprio con l'intervista all'accusa di essere rimbambito, domanda che Merlo non gli risparmia e alla quale Scalfari risponde sornione: «Sono arrivato a un'età, tra i novanta e i cento, che non è più quella dei vecchi né dei molto vecchi, ma quella dei vegliardi». Che certo, concede l'uomo che ha battezzato Rep 42 anni fa, sono «spesso rimbambiti», ma altre volte «sono ancora più lucidi degli altri perché vedono di più e meglio». E vedono soprattutto meglio «i rancori e le acidità». Categorie alle quali evidentemente Scalfari derubrica gli attacchi dell'ex amico Ingegnere. Del quale ricorda le telefonate domenicali, iniziate dopo la morte di Carlo Caracciolo. E le divergenze, di fronte alle quali De Benedetti «immancabilmente mi diceva: Ma noi restiamo fratelli lo stesso», ed «evidentemente non era così», taglia corto, amaro, Scalfari. Che non sta affatto «zitto», come reclamato da De Benedetti a Otto e mezzo, suggerendo all'anziano «fratello» di tacere in quanto riempito di miliardi ed evidentemente ingrato. L'uomo che ha diretto per un ventennio Repubblica risponde alternando clava e carezze, la prima soprattutto per il presente, le seconde riservate ai ricordi. Non è diplomatico, per esempio, quando tratta l'Ingegnere da stalker della sua «ex amata» Repubblica, che «ama come quegli ex che provano a sfregiare la donna che hanno amato male e che non amano più». Però, a proposito della carica di presidente onorario che De Benedetti ha conservato, Scalfari non lesina elogi verso chi «è stato proprietario di questo giornale senza mai tentare di piegarne la linea politica ai suoi interessi», «rispettoso» della libertà del quotidiano, un valore che «ha onorato». Ma oggi quella carica, cambia registro Scalfari, «non so se la onori», visto «quel che va dicendo in tv e sui giornali».

Un punto centrale - la dissonanza tra l'unico incarico mantenuto e l'ostilità degli ultimi tempi - anche nella replica del direttore di Repubblica, Mario Calabresi. Che definisce «inimmaginabili» gli attacchi a Scalfari e le critiche al giornale e a lui stesso, respinge le accuse di aver fatto perdere identità e coraggio al quotidiano, e anche se riconosce che Repubblica «deve molto a Carlo De Benedetti e alla sua passione», reclama dall'Ingegnere «un debito di gratitudine nei confronti» della testata.

Per poi concludere: «Il presidente onorario deve difendere e tutelare l'immagine e l'onorabilità del giornale: il contrario di quanto è accaduto».

Commenti