Cronache

Lo scienziato 104enne suicida "per noia" con l'Inno alla Gioia

David Goodall: sto bene, ma son stufo di vivere. Poi ha bevuto il bicchiere col veleno

Lo scienziato 104enne suicida "per noia" con l'Inno alla Gioia

Forse avevamo capito male. O non ce l'avevano raccontata bene. Sta di fatto che - ingenuamente - pensavamo che la Exit International, «massima istituzione» in tema di suicidio assistito, poteva «aiutare» a togliersi la vita solo i pazienti «incurabili» e afflitti da «insopportabili sofferenze fisiche»; insomma, malati che il destino ha già irrimediabilmente condannato a morte e che quindi scelgono (in una legittima logica di autodeterminazione della propria esistenza) di accelerare i tempi dell'addio alla vita. Non a caso grandi polemiche scoppiarono quando si accertò che tra gli aspiranti suicidi in terra elvetica erano stati accolti dei «semplici» affetti da depressione: patologia che crea sì enormi sofferenze ma, è anche sistematicamente curabile.

Ora la storia dello scienziato australiano David Goodall, 104 anni splendidamente portati, abbassa (o alza?) ulteriormente l'asticella in quello che è il più delicato tra i salti etici e morali. Il professor Goodall infatti non soffriva di nessuna grave patologia: aveva solo qualche acciacco, perfettamente in linea con la sua veneranda età. Ma David, pur non essendo malato né sofferente, era «stufo di vivere».

Basta questo «stato di disagio» per richiedere, ottenendolo, un suicidio assistito?

Evidentemente sì. Giusto? Sbagliato? Non ci permettiamo di giudicare; ma pretendiamo - questo sì - che sulle regole che disciplinano l'«ammissione» ai «servizi» della «clinica della dolce morte», non ci siano fraintendimenti e ipocrisie: se basta «essere stanchi della vita» per avere diritto a un suicidio assistito, bisogna saperlo con chiarezza. Poi ognuno farà, liberamente, la propria scelta. Come nel caso del professor Goodall le cui ceneri saranno consegnate questa mattina ai suoi familiari.

Ieri il dottor Philip Nietschk aveva twittato il seguente messaggio: «At 12.30 today (10th May) Professor David Goodall, 104 years of age, died peacefully at Life Cycle, Basel, Switzerland from an infusion of Nembutal». Poche ore prima Goodall aveva incontrato i giornalisti, annunciando: «Sono felice di avere la possibilità di farla finita e apprezzo l'aiuto dei medici che lo renderanno possibile». E così Alle 12.30 di giovedì 10 maggio, dunque, il botanico, docente universitario ed ecologista, che aveva sempre lottato per il diritto all'eutanasia, ha smesso di respirare. Dopo un'iniezione di barbiturici, il sottofondo delle note dell'Inno alla Gioia di Beethoven e, al suo fianco, Philip Nitschke, fondatore di Exit International, che lo ha aiutato nel suo ultimo viaggio e Moritz Gall di Eternal Spirit, la fondazione svizzera che ha accettato di aiutarlo a morire.

Nei giorni scorsi, Goodall aveva fatto era andato a Bordeaux per salutare il figlio; sono seguiti abbracci e foto di rito. David è sempre rimasto sorridente.

«Domani andrò a una festa che mi eviterà in futuro di diventare un peso per gli altri e per me stesso», ha cercato di spiegare a parenti ed amici che - vista la sua determinazione - non hanno mai tentato neppure di fargli cambiare idea. Mercoledì sera, il giorno prima del «passo decisivo» Goodall aveva consumato l'ultima cena nell'albergo di Basilea dov'era ospite: prima di essere accolto dalla «dolce morte», aveva scelto i suoi cibi preferiti: fish and chips e una fetta di cheesecake.

Alla decisione di porre fine alla vita Godall è arrivato dopo un lungo periodo di riflessione in cui si è sempre più convinto che questa fosse la «cosa più giusta da fare». Quando il medico gli ha consigliato che «sarebbe stato meglio prendere una badante per stargli accanto notte e giorno», David - orgogliosamente geloso della propria indipendenza - ha contattato il dottor Nitschke dicendogli: «È arrivata l'ora. Sono pronto. Portami in Svizzera».

Goodall era nato a Londra nel 1914. Si era trasferito in Australia a 34 anni, quando aveva iniziato a insegnare all'università di Melbourne. Durante la sua carriera accademica, ha ricoperto poi incarichi in varie università degli Stati Uniti. Una vita bella e luminosa. Ieri David ha deciso di spegnere la luce. Con le proprie mani.

Bacchettando, beffardamente, quelle del destino.

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