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Gli scissionisti Pd: sfiduciamo Lotti

La mozione M5S contro il ministro, prima occasione per Dp di vendicarsi di Renzi

Gli scissionisti Pd: sfiduciamo Lotti

Roma - Non sarà un terno al Lotti, ma un bel garbuglio sì. Con i «garantisti» che stanno con i magistrati e i «manettari» che non tintinnano, ma tentennano. E non saranno sciacalli questi senatori, ma per esempio i magnifici sette di Sinistra Italiana dicono (ufficiosamente): «Voteremo la sfiducia al ministro Luca Lotti. Non è ancora ufficiale, ma finirà così». Poi la cosa si fa ancora più interessante, appena si cerca di dare una motivazione all'intenzione di voto e i comunisti del gruppo Misto articolano le loro ragioni: «Voteremo la sfiducia per opportunità politica, non penale». Perché le donne e gli uomini dell'Eterna sinistra scissionista, dalla capogruppo Loredana De Petris a Peppe De Cristofaro, sono tra i più bravi con le alchimie del linguaggio politico. Fino a quando Camera o Senato non decideranno di mettere in calendario la discussione sulla mozione proposta dal Movimento Cinque Stelle, fino a quando non si saprà se Lotti verrà cacciato dal Consiglio dei ministri, i parolai rossi la faranno da protagonisti. Intanto accantonano l'opportunità penale e lanciano quella politica, dimenticando che le due cose in questo caso dovrebbero coincidere.

Certo, l'immagine della sinistra garantista non ne esce rafforzata. Lontani i tempi in cui s'invitava a non condannare con troppa facilità i «compagni che sbagliavano» e che avevano scelto la lotta armata. Lontani pure i tempi di Tangentopoli, quando la sinistra «antagonista» rifiutò di sostenere Mani pulite, l'inchiesta che un quarto di secolo fa buttò giù la Prima Repubblica.

Pazienza, le stagioni cambiano, bisogna sopravvivere e l'opportunità politica va colta al volo. Certo, alla Camera il voto è blindato, probabilmente lo sarà anche al Senato, perché in entrambe le aule Forza Italia non voterà per sfiduciare il ministro dello Sport. Però è nell'aula che il premier Renzi voleva cancellare che il suo sodale di Montelupo rischia la «ghirba», almeno un minimo. Qui, di solito, i voti sono sul filo di lana. Detto dei magnifici sette di Sinistra taliana, bisognerà fare i conti con i 14 scissionisti di «Articolo 1 Movimento democratici e progressisti».

Al momento hanno pareri più articolati del loro già chilometrico nome. Hanno mandato a spigolare il Pd di Matteo Renzi e di Luca Lotti, meditano un'immediata vendetta. Però sanno che non possono da soli far cadere il governo e dunque cercano la solita terza via. La meditano da un paio di giorni, la sussurrano per vedere l'effetto che fa, mandano avanti l'ex magistrato Felice Casson: «Non ho votato la fiducia a Gentiloni, non proverei imbarazzo a votare la sfiducia a Lotti, serve un segnale politico». Alla fine la sintesi sembra trovarla Arturo Scotto, che parla chiaro: «Chiediamo vengano immediatamente ritirate le deleghe al ministro dello Sport, perché su questo terreno non ci possono essere ombre». Ecco l'obiettivo, la via di mezzo, il compromesso: lasciate a Lotti lo Sport, toglietegli le deleghe dove girano dei quattrini, quelle al Cipe e all'editoria.

La guerra sulle deleghe, in verità, è una partita già vista: con Renzi premier l'amico Lotti voleva quella ai Servizi segreti, ma non ebbe la forza di strapparla a Marco Minniti, oggi ministro dell'Interno. E se ora gli scissionisti di Mdp si accontenterebbero di farlo fuori da Cipe ed editoria, c'è chi invece vorrebbe pure cacciarlo dal ministero dello Sport, dove sullo stadio di Roma si sta ancora combattendo la guerra tra Lotti e Dario Franceschini, tra palazzinari «buoni» e palazzinari «cattivi».

Il livello è basso, ma così vanno le cose e per un attimo sembra si torni a parlare di politica.

Dai, troppo complicato, meglio lasciar fare ai magistrati.

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