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La sconfitta di Napolitano sul procuratore di Milano

Melillo si è ritirato dalla corsa per evitare il flop. La sua colpa: ha inviato gli ispettori ai pm di Palermo per verificare la distruzione delle telefonate tra Re Giorgio e Mancino

La sconfitta di Napolitano sul procuratore di Milano

La procura di Milano festeggia il nuovo procuratore Francesco Greco, alfiere della continuità, mentre quella di Palermo ancora non si è ripresa da uno schiaffo clamoroso: l'offensiva ispezione ordinata dal ministero della Giustizia per accertare che non siano rimaste in giro copie delle imbarazzanti intercettazioni Napolitano-Mancino, fatte nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia.

Due fatti che appaiono strettamente collegati, tanto da far pensare che quelli siciliani abbiano avuto un ruolo importante nel mettere fuori gioco il principale antagonista di Greco, Giovanni Melillo, capo di gabinetto del Guardasigilli Orlando, quello che avrebbe rappresentato una scelta esterna alla procura, contrariamente all'altro contendente, l'aggiunto milanese Alberto Nobili.

Proprio Melillo ha ordinato l'ispezione a Palermo, con modalità particolarmente invasive. Il ministero, infatti, ha messo in dubbio l'atto ufficiale della Procura che certificava la distruzione delle intercettazioni, ordinata nel gennaio 2013. In pratica ha avanzato il sospetto che fosse falso, che ci siano state delle manipolazioni, compiendo un reato. E non si è accontentato delle assicurazioni dell'ufficio, ma ha addirittura inviato un tecnico da Milano per una verifica sul server della Procura e ha preteso da ognuno dei sei pm interessati alle indagini una dichiarazione scritta. Un colpo pesante alla credibilità del pool sulla trattativa, anche se l'ispezione si chiuderà con l'archiviazione.

La notizia della seconda fase dell'ispezione esce sul Corriere della Sera giusto il giorno dopo la nomina di Greco, facilitata dall'inusuale arrivo in plenum di una email di Melillo che, non potendo revocare la domanda, dichiara la sua indisponibilità. Così la relatrice Elisabetta Alberti Casellati ritira la proposta a suo favore e dichiara che appoggerà Greco, già in pole position.

Un dietrofront solo per non esporsi ad una sconfitta e causare una spaccatura su una nomina così delicata o determinato anche dalla preoccupazione che in plenum fosse usata contro di lui proprio la carta dell'ispezione? Certo è che il cartello di sinistra Area, cui appartengono tutti e tre i candidati, ha subito chiuso la porta a Melillo, considerato troppo legato al governo. E certo il suo ruolo nell'ispezione di Palermo ha convinto altri togati magari della corrente di Unicost che è stata alla fine decisiva, che il personaggio aveva ormai un ruolo politico più che tecnico, che fosse in qualche modo inaffidabile per la magistratura. In plenum, gli unici a difendere la posizione di Melillo, già fuori gioco, sono stati i vertici della Cassazione. In particolare il primo presidente Giovanni Canzio, che all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2015 attaccò i pm di Palermo, criticandoli per aver chiamato a testimoniare Napolitano.

L'ispezione voluta da Orlando nasce dopo un'intervista su Libero dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia, in cui sembra minacciare di divulgare il contenuto di conversazioni che evidentemente preoccupano molto l'ex presidente Napolitano e l'ex ministro Mancino. In un romanzo, conferma Ingroia due giorni fa su Libero, che «uscirà dopo il referendum». Frasi che alimentano i timori.

Senza i quali, forse, le cose al Csm potevano andare diversamente.

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