Politica

Scontri e feriti: polveriera Barcellona

Gli ultrà indipendentisti in piazza contro il consiglio dei ministri in città

Roberto Pellegrino

Barcellona A distanza di un anno dalle elezioni regionali, imposte da Madrid per ripulire il governo dai disobbedienti, ieri nella capitale della Catalogna si è consumata l'ennesima giornata di scontri e tensioni tra il nutrito fronte indipendentista, spezzettato in venti gruppi, e le forze dell'ordine.

Mentre nella Casa Llotja de Mar, davanti al porto turistico di Barcellona, si celebrava il primo e ultimo, per il 2018, consiglio dei ministri, con il premier socialista Pedro Sánchez e i suoi ministri eccezionalmente in trasferta dalla capitale, nelle strade esplodeva la protesta della fronda più aggressiva dei secessionisti, i cosiddetti Cdr. È l'ala degli ultra indipendentisti, convinti che il 27 ottobre del 2017, all'indomani del referendum (illegale) di autodeterminazione, la Catalogna sia stata dichiarata una Repubblica indipendente dalla Spagna. Il Comitato di difesa della Repubblica da giorni si riferiva al consiglio dei ministri a Barcellona gridando alla provocazione. Per gli ultrà della Catalogna era «un'invasione della Spagna centralista appoggiata da quel fantoccio di Quim Torra (presidente catalano, ndr), un servo di Madrid».

Così, mentre la sindaca di Barcellona, Ada Colau, invitava a rifiutare le violenze, confidando in una protesta pacata, i cidierres ieri mettevano a ferro e fuoco le principali arterie centrali, bruciando auto e lanciando molotov contro la polizia, nel tentativo di sfondare il cordone di sicurezza dei Mossos d'Esquadra che circondava il luogo dei consigli dei ministri che, per la cronaca politica, votava il cambio di nome dell'aeroporto di Barcellona in Josep Tarradellas, ex presidente catalano. Nei violenti tafferugli, iniziati verso mezzogiorno e ripresi nel tardo pomeriggio, in 50 sono rimasti feriti, di cui 28 agenti - cinque poliziotti con gravi ustioni mentre gli arrestati in serata erano una trentina, di cui 12 cidierres.

Ciudadanos, partito d'opposizione, ha accusato il presidente Torra di alimentare la rivolta. «Non ha inviato nessun messaggio di distensione, nemmeno quando il centro di Barcellona era un campo di battaglia». I commentatori politici ora evidenziano il sostanzioso aumento della protesta violenta.

Barcellona rimane una mina vagante pronta a esplodere in strada.

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