Elezioni Politiche 2018

Scontrini, massoni e botte: quelle liste piene di guai

Altro che "filtro di qualità" annunciato dal leader. Ogni giorno spunta un candidato impresentabile

Scontrini, massoni e botte: quelle liste piene di guai

Il «filtro di qualità» per i candidati grillini, a quanto pare, non ha funzionato. E meno male che Luigi Di Maio stavolta voleva fare le cose per bene. Il divieto a complottisti e no vax, l'esame dei curricula e il vaglio dei profili facebook da parte dello Staff non sono serviti a evitare le figuracce. Che puntualmente sono arrivate in serie. A poco più di venti giorni dalla pubblicazione delle liste pentastellate, già se ne sono viste di tutti i colori: scrocconi (Renzi dixit), bonifici truccati, razzisti, picchiatori e riciclati.

Dopo poche ore dal lancio ufficiale delle candidature, il primo a essere colpito e affondato è stato Rinaldo Veri, ammiraglio della Marina militare candidato in un collegio uninominale a Roma. Ma già consigliere comunale ad Ortona eletto con una lista civica collegata al Partito Democratico. «Non ero al corrente della regola prevista dal Regolamento M5s - si è giustificato Veri - che impedisce a chi ha già una carica elettiva di potersi candidare». Candidatura ritirata tra mille scuse. Poi è stata la volta dell'aspirante senatore Emanuele Dessì, in corsa nella provincia di Latina. Dessì è finito nell'occhio del ciclone per una casa popolare di proprietà ricevuta in affitto dal Comune di Frascati per la modica cifra di sette euro al mese. E non finisce qui, qualche giorno prima era spuntato fuori un video in cui il grillino, attivista della prima ora, ballava allegramente con il pugile Domenico Spada, arrestato per usura e cugino di Roberto Spada, quest'ultimo balzato agli onori delle cronache per aver rifilato una testata al giornalista Rai Daniele Piervincenzi. Ma c'è di più. La «rete» non perdona e ad inguaiare Dessì ci si mette pure un post su Facebook del 2015 in cui il candidato si vantava di «aver menato a un ragazzo rumeno». Il grillino scriveva: «Per la terza volta in vita mia ho dovuto menare a un ragazzo rumeno a seguito di offese gratuite nella sua lingua madre». Il picchiatore, pur avendo firmato «un foglio di rinuncia», rimane ufficialmente in corsa per una poltrona a Palazzo Madama.

L'economista Paolo Turati, candidato al Senato nel collegio uninominale a Torino, ha fatto vergognare Di Maio per un motivo simile. Il candidato, nei suoi post su Fb, diceva di voler «presidiare» la sua Bardonecchia come i militari che scacciarono i Mori. Tutto per difendere il suo paese dall'«arrivo in massa degli immigrati africani clandestini». Turati inveiva anche contro le squadre di calcio piene di «pippe straniere». Sempre a Torino c'è stato il caso di Mario Corfiati in lizza al proporzionale per la Camera, escluso dalle liste a sua insaputa perchè una sua foto sarebbe comparsa in un sito d'incontri per gay in cerca di compagnia a pagamento. Lui si è difeso: «Non sono un escort». In Sicilia ha fatto discutere la pattuglia di «riciclati» dall'Mpa dell'ex governatore Raffaele Lombardo e in Veneto i candidati erano istruiti su whatsapp per trovare «nefandezze e foto imbarazzanti dei concorrenti degli altri partiti».

Cronaca di queste ore è l'inserimento in lista in Campania alla Camera del massone Catello Vitiello, iscritto alla loggia «La Sfinge» appartenente al Grande Oriente d'Italia. È stato invitato a rinunciare al seggio in caso di elezione.

Stessa sorte per gli uscenti Andrea Cecconi e Carlo Martelli, il deputato e il senatore beccati ad imbrogliare con i bonifici delle restituzioni.

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