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Scontro sul condono La Lega non molla ma lo dimezzeranno

Siri propone tre aliquote: 6, 10 e 25%. Domani atteso l'ok al decreto del governo «salvo intese»

Scontro sul condono La Lega non molla ma lo dimezzeranno

Weekend di lavoro intenso al ministero dell'Economia. I tecnici che lavorano con il ministro Tria sono alle prese con un difficile lavoro: tradurre in numeri costose promesse. Ecco perché nel Consiglio dei ministri di domani sarà approvato solo il Documento programmatico di Bilancio da inviare a Bruxelles e il decreto fiscale.

Il problema è che sull'entità e sulle modalità della pace fiscale non c'è ancora un'intesa tra i due azionisti della maggioranza. Da una parte i pentastellati dicono no a un'operazione che potrebbe configurarsi come un vero e proprio condono. Dall'altra il partito di Matteo Salvini tira dritto con l'intento di portare a casa un provvedimento coerente con quanto promesso. Il nodo resta la soglia di debito entro la quale il contribuente potrebbe accedere alla sanatoria: il punto di caduta potrebbe essere 200mila euro che però potrebbe essere vissuto come una sconfitta dal Carroccio che già aveva dovuto abbassare le pretese da un milione a 500mila euro. C'è pure il problema di punire l'eventuale evasione, mentre la linea originaria di Salvini è di far pagare al contribuente solo il 15%.

Ecco perché ieri è andato in avanscoperta il sottosegretario leghista alle Infrastrutture, Armando Siri. La pace fiscale, ha sottolineato, potrebbe comportare tre aliquote al 6%, al 10% e al 25% a seconda della posizione patrimoniale e reddituale del contribuente che ne fa richiesta. L'aliquota del 6%, in base all'esempio formulato, potrebbe per esempio essere riservata ai contribuenti monoreddito con un figlio minorenne a carico. «La pace fiscale non è per gli evasori, ma per chi è in regola con la dichiarazione dei redditi e non ha risorse per pagare perché ha difficoltà economiche», ha aggiunto Siri precisando che «il M5s se c'è da dare una mano ai contribuenti in difficoltà, sono certo che non avrà alcun problema». Una precisazione relativa proprio alla volontà di coinvolgere l'alleato «riottoso» sulla natura solidaristica della pace fiscale. I pentastellati, infatti, puntano sul rafforzamento del ravvedimento operoso e non gradiscono l'apertura a coloro che hanno omesso di dichiarare i redditi. Intesa raggiunta, invece, sul saldo e stralcio dei debiti fiscali dal 2000 al 2010 fino a 1.000 euro.

Ieri il vicepremier Di Maio aveva annunciato l'arrivo nel prossimo Consiglio dei ministri della legge Bramini, cioè del provvedimento che prende il nome dall'imprenditore fallito a causa dei mancati pagamenti della Pa. Di qui la possibilità che domani il pacchetto fiscale sia approvato salvo intese per poi tutto nero su bianco entro il termine del 20 ottobre per l'invio alle Camere. Anche perché dai circa 10 miliardi attesi dalla pace fiscale (che potrebbe estendersi ai contributi previdenziali) dipende la sostenibilità della manovra. Lo stesso Di Maio ha detto che «ci saranno almeno tre letture in Parlamento, tra Camera e Senato e lì si potranno aggiungere nuove cose». Il premier Conte, invece, ha anticipato che prima della riunione ci sarà un vertice di maggioranza. Salvini, intanto, ha replicato agli attacchi delle Authority alla manovra.

«Gente che non ha fatto una mazza per vent'anni, è quattro mesi che rompe le palle ogni quarto d'ora», ha detto.

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