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Scopelliti si costituisce: è in carcere. È la maledizione dei governatori

È già successo a Del Turco, Galan, la Lorenzetti e a Totò Cuffaro. Tantissimi indagati e condannati, da Vendola fino a Formigoni

Scopelliti si costituisce: è in carcere. È la maledizione dei governatori

Roma - La maledizione dei governatori. L'ultimo a caderne vittima è Giuseppe Scopelliti, che ieri si è costituito nel carcere di Arghillà, a Reggio Calabria, dopo che la Cassazione ha reso definitiva la condanna a 4 anni e 7 mesi per falso in atto pubblico, relativa al processo per il «caso Fallara». L'affaire legato a gravi irregolarità nel bilancio cittadino risale, in realtà, a quando il politico calabrese era appunto sindaco di Reggio Calabria (tra il 2002 e il 2010) e prima che, tra 2010 e 2014, Scopelliti diventasse presidente della Regione. Ma proprio per la condanna di primo grado fu costretto a dimettersi. Resta poi il dato statistico di una scure giudiziaria che si abbatte spesso su chi ricopre l'incarico di governatore. L'elenco chiuso in ordine temporale da Scopelliti conta infatti altri nomi illustri. Le magagne giudiziarie non si contano. Dal ligure Claudio Burlando (indagato per abuso d'ufficio e disastro ambientale, poi archiviato) al pugliese Nichi Vendola (indagato e archiviato a Bari, poi rinviato a giudizio per l'Ilva) fino a Roberto Formigoni (condannato in primo caso a 6 anni per corruzione nel caso Maugeri) la lista di chi è finito indagato o a processo è bella lunga. Ma non sono pochi nemmeno quelli finiti proprio dietro le sbarre. Come, appunto, Scopelliti.

A cominciare da Ottaviano Del Turco, presidente della regione Abruzzo tra il 2005 e il 2008, quando dovette lasciare la poltrona proprio perché finito agli arresti a luglio, accusato di associazione per delinquere, truffa, corruzione e concussione per un'indagine sulla gestione della sanità privata. Dopo nove anni le accuse contro l'ex governatore sono svaporate nei vari gradi di giudizio, tutte eccetto una condanna per induzione indebita.

Celebre anche il caso di Totò Cuffaro, presidente della Regione Siciliana tra 2001 e 2008. Condannato in primo grado a 5 anni per favoreggiamento e rivelazione di segreto d'ufficio, «Vasa vasa» si dimette da Governatore, poi si costituisce in carcere, a Rebibbia, quando nel 2011 la Cassazione conferma la condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.

Ha dovuto provare il carcere pure Giancarlo Galan, governatore del Veneto di lungo corso, tra 1995 e 2010, prima di essere titolare del Mipaf e poi del ministero dei Beni culturali negli anni successivi. Coinvolto nell'indagine sul Mose, la Camera concede il via libera al suo arresto il 22 luglio 2014, e Galan si ritrova rinchiuso nel carcere milanese di Opera. Passa dietro le sbarre 78 giorni, poi, tornato ai domiciliari, patteggia una pena di 2 anni e 10 mesi. Condannato dalla corte dei Conti a restituire 5,8 milioni di euro, il mese scorso ha ottenuto uno sconto dalla prima sezione d'appello della magistratura contabile di Roma, che lo ha assolto per il danno da disservizio, quantificato in oltre 600mila euro.

E in arresto ci è finita, dopo aver governato una regione, anche l'ex presidente dell'Umbria, Maria Rita Lorenzetti, in carica per due mandati, dal 2000 al 2010. Lasciato l'incarico politico, la Lorenzetti era diventata presidente di Italferr, e in questa qualità finì nel mirino della procura di Firenze che indagava sulla Tav. Finisce ai domiciliari per due settimane nel 2013, e poi viene rinviata a giudizio.

Ma la Lorenzetti ha anche una condanna passata in giudicato, e questa è collegata proprio al suo ruolo di Governatrice umbra: otto mesi di reclusione - ma pena sospesa e non menzione - per una delibera di giunta che autorizzava alcune Asl ad assumere personale.

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