Politica

Se il cambiamento è una sfida a flipper

Se il cambiamento è una sfida a flipper

di Matteo Sacchi

Quando la ditta Gottlieb, sede a Chicago Illinois, correndo l'anno 1947, introdusse il primo flipper moderno - chiamato fiabescamente Humpty Dumpty - non avrebbe certo immaginato di fornire, oltre che uno strumento ludico di prima grandezza, anche la miglior base d'accordo per future alleanze politiche italiane. E sì perché, come mostrano le due foto in questa pagina, sia il leader pentastellato Luigi Di Maio sia il segretario federale della Lega Matteo Salvini hanno una passione per queste vecchie macchine a gettoni dove serviva un polso d'acciaio e, a volte, anche un bel colpo d'anca. Certo, il quarantacinquenne Salvini pare avere più esperienza da sala giochi. Basta guardarlo all'opera nello scatto postato sul suo profilo Facebook, il 29 luglio. C'è la postura, l'attenzione al rimpallo, la coscienza che al flipper conta far girare la palla più a lungo che si può, senza intignarsi a ficcarla in posti pericolosi. Posti dove poi -sbang!- il respingente elettromeccanico te la infila là dove non vorresti, cattivo come un taglio alle pensioni, spietato come un bacillo da cui non ti sei vaccinato o un'infrastruttura mai realizzata. L'impostazione di Di Maio invece pare più teorica. Il flipper lo rimpiange come simbolo del buon tempo antico, come si evince dal suo post. Come dargli torto? Quei bei rimpalli, il ronzare dei relè, la pila di monete da 200 lire che garantiva spensieratezza a basso costo, spensieratezza sovrana senza sovranismo... Tutte cose che a Di Maio, anche solo per anagrafe, arrivano più per meme (come direbbe un sociologo) che per esperienza. E giustamente la spinge sul morale, dicendo che il flipper non ti faceva fare la finaccia che ti fanno fare le slot. Col flipper al massimo qualche ciabattata dalla mamma, anche se bisognerebbe dire a Di Maio che il cugino orientale del flipper il pachinko ha causato ai giapponesi problemi di ludopatia piuttosto gravi.

Ma niente, lasciamo perdere, la versione nipponica, corrotta dall'alea e dalla pecunia, nulla ha a che vedere con l'occidentale innocuo pinball (questo il vero nome del flipper), non creiamo al vicepremier inutili angosce da controllare in rete o purgare a maggioranza digitale. Alla fine limitiamoci a registrare che la cosa su cui è più facile essere d'accordo, senza bisogno di contratti, è il vecchio flipper. Del resto come si fa a non volergli bene. Ma sapete qual è la cosa veramente difficile che si faceva da ragazzini? Giocare in due con una paletta a testa. Serve che i due giocatori siano affiatatissimi. Se no, al primo errore di coordinazione, la pallina va giù. E non c'è contratto che tenga...

Game over.

Commenti