Cronache

Se il "complotto" è in difesa di Francesco

Non sono le strategie di potere a salvarci dal potere. Ma il potere dei senza potere

Se il "complotto" è in difesa di Francesco

In questi giorni pasoliniani, c'è un sacco di gente che ripete la sua frase famosa riferita allo scandalo del Vaticano: «Io so, io so i nomi». Invece io non so niente, proprio un tubo di niente. Ma credo alla testimonianza degli utilizzatori finali di questo ambaradan. Lì c'è una confessione di intenti, e i due mi paiono per ovvie ragioni bene informati su manine e manone. Questo trafugamento di documenti papali non è contro il Papa, ma è in funzione, come dicono Gianluigi Nuzzi e tale Emiliano Fittipaldi, del suo rafforzamento. Come già Paolo Gabriele, il famoso maggiordomo di Ratzinger, anche i passatori di segreti volevano scopare via le sozzure dalla barca di Pietro salvando Pietro, a costo di affondare la barca che poi è la Chiesa. Sono convinto che abbiano ragione. Si tratta di una pia frode. Una santa commedia a fin di bene. Una specie di auto-golpe dei bergogliani delusi dal Papa che non è abbastanza bergogliano come loro vorrebbero. Capitò lo stesso accidente a Paolo VI, che ebbe i più gravi dolori dai montiniani che aveva coccolato. Gli arresti intrapresi in Vaticano sarebbero compresi nel piano. Gli ultra-bergogliani ne sacrificano due per imporre al Papa un decisionismo che alla fine taglierebbe fuori i presunti conservatori, imponendo al Pontefice una riforma della Chiesa che, secondo costoro, il Papa fa troppo lentamente, con troppi riguardi, senza praticare quella rottura secca che gli ambienti bergogliani (a dispetto di Bergoglio, sia chiaro) desiderano. Piccole osservazioni a supporto. 1)Il comportamento roboante della Santa Sede ha un effetto paradosso. I documenti trafugati sono confermati autentici, e sono resi tanto più potenti dal clamore mediatico della condanna morale e penale di chi si suppone li abbia trafugati. 2)E cosa mettono in mostra queste carte rubate, e specialmente la registrazione di un incontro riservato dove si ode la voce del Papa? Che Francesco cerca di riformare, di impedire ruberie e sprechi, ma il Demonio-Mammona resiste, e si identifica nelle figure oscure di prelati adoratori del denaro e del comodo. Insomma. Una commedia ordita dunque da gente vicina al Papa per fare un repulisti, contando sul fatto che Bergoglio è misericordioso sì, ma non è accondiscendente e tenero di cuore come il predecessore. Osserviamo una strana continuità. Paolo Gabriele, di cui sono certo della buona fede, riteneva Benedetto prigioniero del cardinal Bertone e di ambienti a lui contigui. Le carte diffuse allora avevano in quel 2012 per bersaglio il vecchio segretario di Stato. Ratzinger non ebbe la forza di rimuoverlo, non aveva più forze per governare, e si dimise. Anche stavolta ad essere colpito è ancora Bertone, per vastità di appartamento. Allora colpire Bertone servì ad aprire la strada a Bergoglio (e c'è di mezzo lo Spirito Santo), oggi ri-colpire il vecchio salesiano, secondo chi propala le carte e chi le ripubblica, serve a rafforzare Bergoglio (lo Spirito Santo c'entra meno). A essere sacrificati sono due personaggi scelti da Bergoglio stesso, per dirigere l'ufficio più delicato. Ora si sacrificano tragicamente alla presunta causa di Francesco. Credo si tratti di auto-congiura, si suicidio sacrificale. Avrà successo? Per me coincide con un'altra domanda. Il Demonio l'avrà vinta, o il Papa e la preghiera degli umili lo sconfiggerà? La chiave di tutto non sta nella determinazione di Francesco, ma nel dolore del Papa, nella sua consapevolezza serena che sta agendo un Ospite che nessuno vuole vedere e contro cui deve lottare. Non da solo però, perché – come ha detto nell'omelia di martedì - contro il Serpente del male si scaglia e vince l'altro Serpente, che è la Croce. Per ora sta vincendo però l'Ospite Iniquo: è lo stesso rievocato con orrore da Paolo VI, «colui che chiamiamo Demonio» (15 novembre 1972). Contro cui Giovanni Paolo II intraprese una lotta possente, secondo testimoni credibili, addirittura fisica in San Pietro, e che Francesco nomina con frequenza che finalmente qualcuno comincia a notare. Il discorso è serio. Una vecchia storia, che la Chiesa si ostina a predicare. La «potenza di Satana» (2Ts 2,9) è all'opera. È il mistero del male. Gli uomini vogliono sì il bene, ma la seduzione del serpente trasforma questo desiderio in volontà di potere, orgoglioso di definire da sé i confini del giusto e dell'ingiusto. Per cui si pensa che un piccolo male (ad esempio registrare una conversazione privata) possa portare un grande bene: la riforma della Chiesa e del mondo, la purezza adamantina del corpo di Cristo, a costo del sangue di un agnello sacrificale. In questo caso il sangue non è quello dei poveri passacarte, ma soprattutto quello del Papa. Infatti radunarsi con i propri fidati, parlare di affari delicatissimi di famiglia, e trovarsi derubato di questa intimità, è una pugnalata. È una ferita mortale dell'amicizia, che è l'essenza del cristianesimo: «Vi ho chiamato amici» (Giovanni 15,15), dice il Maestro. Sono convinto che questo dolore immenso e sconosciuto a tutti, e di cui certo ora Jorge Bergoglio parla nella notte oscura alla sua santa preferita, santa Teresina di Lisieux, la quale ebbe a che fare anch'essa nel Carmelo con simili volonterose amiche, sia la chiave della tenuta della Chiesa allo sconquasso dello scandalo. Non sono le strategie di potere a salvarci dal potere. Ma il potere dei senza potere. Da questo pontefice che ho imparato ad amare, ben oltre la cerchia dei suoi presunti amici, ne vedremo delle belle.

Sul serio.

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