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Se diventa sessista perfino correre in bicicletta

Se diventa sessista perfino correre in bicicletta

Più ipocriti o più provinciali? Forse tutte e due le cose. Così mentre Pinarello mette sulla strada la Nytro, una bici da corsa a pedalata assistita che apre la strada a una nuova epoca, la polemica si scatena intorno al fatto che lo spot di lancio è sessista. E ci mancava. «Ho sempre desiderato di pedalare assieme al mio fidanzato ma si trattava per me di una impresa praticamente impossibile - racconta Emma nella reclame -. Ora tutto diventerà possibile». Apriti cielo. Come se le donne, le atlete, le tante ragazze ma anche le tante «signore» che ogni giorno pedalano, si allenano e spesso bagnano il naso ai maschietti (e non solo in bici) possano sentirsi discriminate per tutto ciò. Ma ormai va così. Viviamo nel mondo del politicamente corretto a ogni costo, oltre ogni logica, forse anche oltre il buon senso. Corretto e «stracorretto» fino all'ipocrisia. E allora se Emma sale su una ebike e per questo è felice perché finalmente riesce a stare a ruota al suo fidanzato che ogni anno macina più di 15mila chilometri ci si indigna. Ma è un'indignazione a gettone per uno stereotipo che va solo ad allungare la lista delle tanti madri amorevoli e sdolcinate che preparano le colazioni ai mariti frettolosi, alle tantissime casalinghe rassegnate ed efficienti, alle maniache compulsive dello shopping, alle infinite ragazze, ragazzine, ragazzone che seducono, ammiccano, alludono. Ma la pubblicità ha il compito di educare? Di questo forse si potrebbe discutere. E allora Emma sembra il minore dei mali, una battaglia di retrovia che continua a mettere uomo e donna uno di fronte all'altro in una competizione che non esiste perché non considera le differenze, non le accetta non capisce che non c'è gara. Ma siamo un Paese campione del mondo di retorica ebasta uno spot per cerare un caso che alla velocità della luce fa il giro dei social e costringe l'azienda a chiedere scusa e a ritirare lo spot dalla rete. Chissà poi perché. Perché in realtà non serviva, non c'era nulla di cui scusarsi. Infatti la storia è un'altra ed è tutta da scrivere. È quella della prima bici da corsa a pedalata assistita che viene prodotta da un marchio di fama mondiale, storico, agonistico, performante. Come racconta l'amministratore delegato Fausto Pinarello: «Una bici ispirata a quelle che facciamo per i nostri campioni, per il Tour de France». È una rivoluzione che fa scintille. Il resto è fastidioso chiacchiericcio da bar..

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