Cronache

Se il figlio è adottivo il padre che lo ha ucciso non merita l'ergastolo

I giudici: "Senza il legame di discendenza diretta, il carcere a vita sarebbe illegittimo"

Se il figlio è adottivo il padre che lo ha ucciso non merita l'ergastolo

Oggi ci diranno che la stampa «ha semplificato», che i media «hanno frainteso», che i giornalisti «hanno scritto senza leggere o capire la motivazione». Fatto sta che ieri tutti, contemporaneamente, avremmo preso lo stesso «abbaglio», incorrendo nel medesimo «errore». Quale? Quello di titolare: «Uccise il figlio ma siccome era adottivo non merita l'ergastolo: lo ha stabilito la Corte di Cassazione». Una sentenza che sembra - e sottolineiamo «sembra» - condannare anche l'amore famigliare. Come se quello di un «patrigno» verso un «figliastro» sia un amore di serie B. Possibile? Speriamo di no. Eppure la Suprema corte ha accolto il ricorso della difesa di Andrei Talpis, 57 anni, originario della Moldova, che la notte del 26 novembre 2013, a Remanzacco (Udine), accoltellò mortalmente il figliastro di 19 anni. Con questa diversa valutazione (sentenza annullata con rinvio) da parte degli ermellini del Palazzaccio, la vicenda per il signor Talpis potrebbe chiudersi in maniera diversa relativamente alla pena da scontare: niente carcere a vita, cioè, ma una possibile pena compresa tra i 16 e i 20 anni. Mentre infatti per il Codice civile il figlio adottivo è equiparato a quello naturale, per il Codice penale esiste differenza tra i due: e quindi non c'è l'aggravante della discendenza; e, con l'impossibilità di applicare tale aggravante, irrogare l'ergastolo sarebbe tecnicamente illegittimo. La «colpa» ovviamente non è della Cassazione, ma di un codice vecchio che, su questo punto specifico, andrebbe riformato. Ma ripercorriamo le tappe di questa bruta storia. L'uomo era stato condannato alla pena massima inflittagli dal Gup di Udine nel 2015, verdetto confermato dalla Corte d'assise d'appello di Trieste nel 2016. Ma ora, dopo il pronunciamento della Cassazione che ha disposto un nuovo processo, bisognerà attendere la sentenza del prossimo collegio giudicante. Sull'imputato, in carcere, pende anche l'accusa di tentato omicidio della moglie, sua coetanea e connazionale. Era stata proprio l'ennesima violenta lite tra i genitori a spingere il figliastro a frapporsi tra loro, quando subì la coltellata mortale. Il ragazzo ucciso dal padre era stato adottato dalla coppia in Moldavia. E quindi tra la vittima e il figliastro non esisteva un rapporto di consanguineità». Ma mentre sul piano civilistico vale la parificazione di status con i figli legittimi, secondo il Codice Penale la distinzione permane «e basta a escludere l'aggravante specifica». Che «proprio in virtù dell'esistenza di una discendenza tra la vittima e il suo carnefice, in caso di omicidio prevede la pena del carcere a vita, cui era stato effettivamente condannato il moldavo». La Cassazione ha disposto anche la trasmissione degli atti alla Corte d'assise d'appello di Venezia per la quantificazione della pena, prescrivendo che «non scenda sotto i 16 anni di reclusione».

Nella speranza che, almeno questi, se li faccia in carcere.

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