Cronache

Se la generazione del web fa risorgere la musicassetta

Le "scalette" registrate su nastro trent'anni fa anticiparono le moderne "playlist". E adesso stanno per tornare in auge

Se la generazione del web fa risorgere la musicassetta

Retromania canaglia. Finita la sbornia da (presunto) ritorno del vinile, pare riscoccata l'ora della musicassetta, icona musicale degli anni Ottanta, quelli dell'irrinuciabile Hi-fi. Sì, torna quel sorpassato supporto che faceva mostra nei peggiori autogrill d'Italia, l'azzurrognolo reperto trasfigurato da decenni di graticola solare. Qualcosa è cambiato, almeno sembra. Si ipotizza, infatti, il gran ritorno nei negozi (soprattutto digitali) italiani della musicassetta, a pochi anni dai festeggiamenti del mezzo secolo di vita dell'antenato del download. Quello che ora è chiamata «playlist» prima era la «scaletta». Andava fatta artigianalmente tagliando e cucendo brani dal nostro vinile/cd a uso e consumo di amici e fidanzate. Ora che si va velocissimi e che tutto accade in simultanea tra bulimie musicali e acrobazie digitali sarebbe impensabile passare due ore a montare musica.

Operazione nostalgia? In attesa di possibili acquirenti, in Gran Bretagna e negli Usa si è scoperto che c'è una sacca di irriducibili che compra vecchi nastri. In Gran Bretagna ne sono stati acquistati cinquemila nel 2015. Negli Usa 250mila, con un 645% di vendite in più rispetto al 2014. In Italia qualche centinaio. Scenari imprevedibili. E, notizia fresca, la Recording Association of America per la prima volta dagli anni '90 sta studiando un sistema per portare su musicassetta gli album di nuova uscita. Che in alcuni casi ci sono già, a cominciare dall'ultimo Justin Bieber Purpose, fino a Yeezus di Kanye West. Anche Dookie dei Green Day e Blue di Joni Mitchell avranno presto la versione in musicassetta. I Metallica ci stanno pensando.

Un trend che segue quello del vinile, ma, a questo punto, il domandone è inevitabile: come ascoltarle? Serve l'indispensabile mangianastri, la «piastra». La Sony ha smesso di produrre nel 2012 il «Walkman», ma altri marchi, come Philips, ne producono ancora. L'annuario di Suono ne annovera una ventina. E ce ne sono in vendita anche su Amazon, dove i prezzi partono da 20 euro. La Teac tra poco riproporrà il modello da battaglia, il mitico Tascam 112, apparecchio semiprofessionale buono per tutte le stagioni, indistruttibile. A 1200 euro hai lo stato dell'arte delle musicassette senza dover ricorrere ai costosissomni Nakamichi. Fate voi.

Era il 1962 quando Philips inventò la musicassetta. Un successone. Si trattava di un contenitore in plastica con due bobine che avvolgevano un nastro magnetico e che tentava di imporsi in un mercato affollato da supporti analoghi basati sulla cartuccia a nastro. Il boom arrivò nel 1979 grazie a Sony e al suo Walkman che tre anni dopo introdusse l'equalizzatore (che stress) a corredo. Ambito come un iPod, permetteva per la prima volta di ascoltare musica ovunque e con qualità. Unica cosa il fruscio che debellavi inserendo il dolby che però segava gli alti. In commercio, oltre a quelle registrate, c'erano diverse tipologie di musicassette ad uso di replica sonora: dalle C46, 23 minuti per lato, alle C120, 60 minuti per lato e infinita libidine.Musicassetta, vero antenato del download, oggi considerato il carnefice del mercato musicale. Ricordo che era uso piazzarsi col microfono davanti a radio e tv per scroccare emozioni. C'era chi si registrava l'Eurofestival con gli Abba che vincevano con Waterloo e chi si faceva l'hit parade di Luttazzi, annuncio compreso. Qualità scarsa. Le canzoni scelte nella compilation diventavano colonna sonora. Quando resisteva, il nastro poteva essere reciclato sigillando con lo scotch il bordo superiore. Un simbolo, la musicassetta, che non è mai stato un semplice oggetto di modernariato. Nonostante l'avvento dei cd ha goduto di ottima salute grazie al prezzo abbordabile fino alla scomparsa nel 1999. Ma basta una ricerca sul web per capire. Fruscio, bassa dinamica, riavvolgimento lento e penna per recuperare il nastro. Problemi. Vabbè, in fondo il dolce vinile non era da meno: polvere sui solchi, scariche elettrostatiche, puntina danzereccia non è che fossero tutta 'sta delizia..

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