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"Se la Lega non ferma il decreto viene meno agli impegni elettorali"

Per Confindustria Lombardia è un provvedimento indegno

"Se la Lega non ferma il decreto viene meno agli impegni elettorali"

«Mi vanto di essere stato il primo industriale a dire qualcosa su questo decreto», dice Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia e del gruppo di meccanica Omr di Brescia. Sul «Decreto Dignità» ha le idee chiare: «È un decreto indegno per un Paese come l'Italia e per i tanti giovani che cercano lavoro. E mi meraviglio della Lega: l'elettorato che l'ha sostenuta non lo può condividere. Mi auguro che in Parlamento si facciano sentire. O la Lega verrà meno agli impegni che ha preso nei nostri territori».

Decreto Indegnità?

«La vera dignità di questo Paese sta nell'impresa e nel lavoro. Io manderei la classe politica a vedere cosa sono l'impresa e il lavoro per capire i problemi della gente. Una volta si diceva meno Stato e più mercato. Oggi aggiungerei meno mercato nello Stato: ci vuole meno mercanteggiare nella politica, meno sparate per accontentare questo o quello, senza un quadro industriale serio e chiaro. Specialmente ora che servono politiche per orientare la crescita».

Partiamo dai contratti: il decreto punta a meno burocrazia e meno precari.

«Invece così aumentano complicazione e burocrazia, perché hanno ridotto la durata, introdotto la causale e aumentato i costi. In un momento in cui le aziende erano tornate a investire che fiducia potranno avere?».

E sul tempo determinato? Si pone un limite di 24 mesi.

«Io dico che è meglio avere un contratto a termine che nessuno. Il lavoro bisogna darlo quando c'è. E consideri che oggi, nel manifatturiero, non esiste un problema disoccupazione. Le faccio l'esempio della Lombardia, dove abbiamo assorbito la cassa integrazione, ripreso ad assumere e dove le aziende fanno fatica a trovare manodopera. Allora non si possono cambiare le regole del gioco in corso. Se poi si aumentano gli indennizzi per i licenziamenti ingiusti c'è il rischio che si fermino le assunzioni. Perché sappiamo benissimo come funziona la magistratura sul tema del lavoro».

Ma non è neanche bello essere sempre precari. Come si affronta questo tema?

«Servono proposte nuove: primo, ridurre il costo del lavoro e semplificare la busta paga; secondo, introdurre l'apprendistato, che avvicinava i giovani al mondo del lavoro; terzo, aprire una discussione sulle figure professionali del domani: con l'industria 4.0 che avanza dobbiamo affrontare questo tema».

Dica delle sanzioni a chi investe in Italia, ma delocalizza.

«Bisogna intendersi su cosa significa delocalizzare. Sono convinto che i furbetti debbano pagare. Ma attenti: da una parte abbiamo spinto le aziende a internazionalizzarsi. Ora non possiamo penalizzare le imprese che lo fanno in Italia. Delocalizza uno che chiude e lascia a casa la gente. E la legge attuale già prevede il rimborso dei contributi. Diverso è il caso dell'azienda che viene qui e che poi si sposta anche in altri Paesi. Se io non avessi aperto in Brasile, Cina India Marocco e Usa oggi sarei indietro di 30 anni».

Dica del divieto di pubblicità al gioco d'azzardo.

«Su questo mi limito a dire che serve una regolamentazione, ma anche che le aziende hanno pagato fior di tasse per operare in questo settore».

Presidente Bonometti, c'è forse nel Paese un intento punitivo per le imprese?

«Veniamo da un trascorso troppo ideologizzato. Sta di fatto che questa cultura anti-imprese è molto diffusa. Per questo io continuo a insistere: l'impresa deve essere vista come un bene sociale, un bene di tutti. Senza impresa non c'è lavoro, non c'è ricchezza, si spegnono le speranze dei giovani, si frena il futuro».

Lei è un esponente di peso: dica come dovrebbe muoversi Confindustria.

«Ho sempre sostenuto che Confindustria debba essere forte, autorevole e credibile. Oggi, in un momento di vuoto politico, ha un'opportunità unica per delineare le linee strategiche di questo Paese.

Perché facendo l'interesse dell'impresa facciamo quello dei cittadini italiani e diamo fiducia ai nostri giovani».

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