Politica

Se l'Onu si è trasformato in una grande moschea

La sala di meditazione, nata per qualsiasi fede, ora è occupata prevalentemente da musulmani

Se l'Onu si è trasformato in una grande moschea

L'Onu riesce sempre a farti sbarrare gli occhi nonostante ormai il suo catalogo sia classicamente impregnato di odio antioccidentale, ossessione antisraeliana, abbandono dei diritti umani. Anche stavolta la famosa esperta Anne Bayefsky ci accompagna nei corridoi dell'edificio vetrato ornato, a New York, di tutte le bandiere del mondo. Ma un'occhiata all'interno ci porterà nell'edificio dell'Assemblea generale, a uno stupefacente cumulo di tappeti da preghiera e anche a mucchi di scarpe. La preghiera è certamente una bella cosa, ma dentro l'Onu sembra essere praticata pubblicamente (un po' come si vide nei boulevard di Parigi, o in piazza del Duomo a Milano) soltanto da una fede anche oltre la sala da meditazione che era nata per ospitare qualsiasi fede. Fu creata nel 1957 con la supervisione dell'allora segretario Dag Hammarskjold che voleva «uno spazio in cui le porte possano essere aperte alle infinite terre del pensiero e della preghiera». Adesso, lo spazio è prenotato dalle 11,45 alle 3 (l'Onu non dice da chi) ogni giorno. Le preghiere musulmane sono divenute così popolari che i tappetini e le scarpe strabordano anche sui percorsi turistici. I cristiani, gli ebrei, gli indu, invece, ed è certo una loro scelta, non compaiono mentre la fede islamica ci tiene a mostrarsi dentro il Consiglio Generale. Tutto questo non è folclore: per quanto la religione debba essere sempre rispettata in quanto tale, tuttavia qui non si può fare a meno di considerarne l'espressione strabordante come un simbolo dell'intera vicenda onusiana.La storia dell'Onu, nato nel dopoguerra per diventare il difensore dei diritti umani contro la violenza e la dittatura dopo gli orrori passati, è stato poi divorato da logiche interne. La presenza strabordante di Paesi non democratici, soprattutto del blocco islamico (57 membri dell'Organizzazione per la Cooperazione Islamica) e dei cosiddetti «Paesi non allienati» (120) ha condotto a una sistematica demolizione dello scopo basilare dell'Onu, che ha 193 membri: è una pura questione matematica. Così è stato sempre impossibile definire unanimemente il terrorismo, e possibile invece (sin dall'82) legittimare «la lotta dei popoli contro le occupazioni con tutti i mezzi a disposizione», evitare la difesa delle persone omosessuali nell'ambito dei diritti umani, seguitare a far circolare l'idea che la carta islamica dei diritti, in cui le donne sono discriminate e la sharia auspicata, sia una valida sostituta per quella approvata dalle Nazioni Unite, fare di Israele uno stato canaglia con mille invenzioni pazzesche, e rendere un Paese che rappresenta lo 0,1 per cento della popolazione mondiale oggetto del 40 per cento circa delle risoluzioni dell'Assemblea e del Consiglio per i diritti umani, ignorare le grandi stragi, mettere Paesi come la Cina, la Libia, l'Arabia Saudita in posizioni preminenti nel Consiglio e in commissioni delicate e importanti come quelle per i diritti delle donne...Insomma l'immagine di tappeti e scarpe è difficile da collocare in un ambito puramente religioso, quando pochi giorni fa Ban Ki Moon ha dichiarato che i quotidiani attacchi terroristici a Israele sono frutto della frustrazione causata dal ritardo di una ripresa delle trattative, mentre i giovani terroristi inneggiano alla Moschea di Al Aqsa e dichiarano su Facebook e ovunque possono il loro odio razzista per gli ebrei.

Ma questo all'Onu non si dice, non si è mai detto, anzi, l'esaltazione della «causa palestinese» ne è uno dei maggiori oggetti di attivismo, mentre niente si fa per i milioni di vittime della corrente ondata di assassinii e di terrore in Medio Oriente.

Commenti