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Se l'ossobuco di Orban diventa la frontiera dell'antifascismo

Scusate, ma che differenza passa tra l'ossobuco di Orban e la cenetta chic di Matteo Renzi all'Osteria Francescana dello chef Bottura?

Se l'ossobuco di Orban diventa la frontiera dell'antifascismo

Scusate, ma che differenza passa tra l'ossobuco di Orban e la cenetta chic di Matteo Renzi all'Osteria Francescana dello chef Bottura? Ormai per una sinistra residuale e rancorosa, solo chi scende in piazza dalla «parte giusta» può sottrarsi ad accuse di fascismo e disimpegno. Per gli altri gogna e maledizioni.

Anche il sito Dagospia ironizza bonariamente sulla «magnata» dell'ex presidente del Consiglio al ristorante super chic di Modena. Nei giorni cruciali dell'anti salvinismo militante, il Matteo di Firenze si è sfilato dalla passerella dem sulla nave Diciotti e soprattutto dal raduno antifascista di piazza San Babila. Ha preferito cenare con un commensale poco in linea con gli umori ribollenti del popolo di sinistra (tutto immigrazione e pauperismo), l'indiana Indra Nooyi, amministratore delegato di Pepsi.

Poche informazioni sui manicaretti gustati da Renzi e signora Agnese (descritta in grande forma), mentre per uno strampalato contrappasso il pranzo di Orban a Brera con Salvini diventa la conferma lombrosiana dell'indole greve e nefasta del premier ungherese, ingigantita dalla vicinanza a tavola con il ministro italiano. «Non uno spuntino», annota severamente Repubblica nell'elencare la ricchezza delle corpose portate: «Ossobuco con riso giallo, focaccia, qualche gnocco fritto con salumi toscani, una tartare di fassona piemontese, olive di Paternò, bruschette, panna cotta con frutti di bosco». Chi mangia così tanto a pranzo, forse è il retropensiero, è capace di tutto.

Una sinistra ancora frastornata si aggrappa a ogni appiglio per non scomparire alle Europee della prossima primavera. Ne è spia la barricadera Laura Boldrini che, mentre annuncia en passant una «sfida epocale», butta lì l'idea di un listone progressista tanto per offrire una scialuppa ai compagni senza seggio che hanno fatto naufragio.

L'«ossobuco» di Orban è rimasto sulla stomaco anche a un democratico moderato e ragionevole come Beppe Sala. C'è qualcosa che non va, se persino il sindaco di Milano definisce «provocatorio» un vertice internazionale tra il primo ministro ungherese e il vicepremier italiano ospitato nella sua città.

Ragionevoli, non c'è la Lega al governo. E allora il buonista Walter Veltroni impugna la penna su Repubblica per lanciare «la costruzione dell'alternativa» con toni apocalittici. «Il populismo è destra, la peggiore destra». E va be'. Qualora qualche accorato slogan non risultasse convincente, ecco l'esempio di «una piccola comunità dell'Hannover» che ottant'anni fa abbandonò la socialdemocrazia per diventare un feudo del nazismo. Occhio eh.

È l'estate dei partigiani social, armati di specchietto retrovisore per riportarci al 1945 con sadismo autodistruttivo. La prefettura che ha ospitato l'incontro Salvini-Orban evoca ricorsi storici beneauguranti per qualche testa calda. «Porta male ai fascisti, da qui Mussolini partì per l'ultimo viaggio» annotavano i dimostranti. Galvanizzati anche dalla vicina fermata delle metropolitana di San Babila: «Salvini sei sulla linea rossa. Tra quattro fermate c'è Piazzale Loreto».

E «Bella Ciao», «No pasarán», eccetera eccetera, il copione ormai è questo. E anche le rovine di una sinistra di governo sono ormai questo. Meglio la cenetta global-imperialista di Renzi che il defilé finto impegnato della Boschi sulla nave Diciotti e le altre chiassate di piazza con l'eterna scusa della democrazia in pericolo.

L'unico pericolo, a questo punto, è che l'ossobuco diventi un simbolo fascista da mettere al bando solo perché se l'è spazzato Orban.

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