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"Se parlo qualcuno tremerà". Rivelate le minacce di Marra

Nell'esposto della Raineri tutte le manovre anomale dell'ex vice capo di gabinetto ora finito dietro le sbarre

"Se parlo qualcuno tremerà". Rivelate le minacce di Marra

Diceva Raffaele Marra in Campidoglio: «Se parlo io qualcuno tremerà». Spavaldo, a tratti minaccioso, forte dell'appoggio della sindaca Virgina Raggi, che il suo ex vice capo di gabinetto arrestato per corruzione ha difeso contro tutto e tutti. Anche contro Grillo, che gli chiedeva di mollarlo. Ora l'opportunità di parlare Marra ce l'ha, nel carcere di Regina Coeli, dove martedì verrà interrogato dal gip che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare. «Risponderà ai magistrati», garantisce il suo avvocato, Francesco Scacchia, che lo descrive «sorpreso» dalle accuse ma pronto a difendersi.

È Carla Rainieri, il giudice civile milanese che è stata capo di gabinetto del Comune di Roma dal 22 luglio al 31 agosto, a dipingere Marra come uno di cui non fidarsi nell'esposto presentato lo scorso 11 ottobre alla Procura di Roma dopo le sue dimissioni, lo stesso esposto in cui accusa la Raggi di aver proceduto illegittimamente alla promozione di Salvatore Romeo a capo della sua segreteria, nomina su cui stanno indagando i magistrati della capitale e che potrebbe costare un avviso di garanzia alla sindaca grillina. La Rainieri spiega ai pm di essere stata messa in guardia da alcuni ufficiali della Finanza che avevano collaborato con lei, sull'inopportunità di trattenere Marra - in passato anche lui nelle Fiamme Gialle - nel gabinetto del sindaco. E racconta di quando, venuto a sapere che lei non lo avrebbe riconfermato nel suo ruolo di vice, si arrabbiò molto, minacciando ritorsioni: «Non mi farò cacciare senza reagire», diceva Marra, oltre al già citato «se parlo io qualcuno tremerà».

Dalla denuncia sembra proprio che la Rainieri avesse già allora ben inquadrato il personaggio, colui che nella sua breve permanenza in Campidoglio non fu mai effettivamente il suo vice perché aveva il privilegio di riferire direttamente alla Raggi. Ricorda, il giudice milanese, di quando il braccio destro della sindaca andò nel suo ufficio nei primi giorni del suo insediamento a raccontargli le sue vicissitudini («un racconto ricco di suggestioni che a tratti rasentava la mitomania»), sbandierando un curriculum lungo così: «Mi disse di aver dovuto trasferire la moglie e i suoi quattro figli a Malta, perché minacciati dalla criminalità organizzata e di aver rinunciato alla scorta nonostante anch'egli a rischio incolumità». Ed in effetti gli investigatori hanno riscontrato che nel 2015 la moglie e i figli del fedelissimo della Raggi avevano trasferito la residenza nell'isola, ma alla ricerca di prove per ipotizzare l'accusa di riciclaggio si sono soffermati anche «sull'eventuale presenza, presso intermediari con sede a Malta, di rapporti a lui riconducibili». Perché i pm vogliono capire da dove sono arrivati tutti i soldi con cui Marra ha gestito le compravendite delle case acquistate dal costruttore Sergio Scarpellini, finito in carcere con lui, quello a cui ricordava, per mezzo di una collaboratrice e mentre era intercettato, che era «a disposizione». L'accusa, infatti, è proprio quella di aver messo a disposizione la sua funzione in cambio di regalie da parte dell'immobiliarista che aveva affari legati all'amministrazione capitolina. Ma sembra che Marra avesse interessi anche fuori dal Comune, nel settore nautico soprattutto.

A Malta, infatti, i magistrati hanno individuato alcune operazioni di compravendita e di leasing su imbarcazioni sulle quali le indagini sono ancora in corso.

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