Politica

Sei giorni in alto mare ostaggio della politica

L'odissea dell'imbarcazione della Guardia Costiera. La storia di un «caso di Stato»

Sei giorni in alto mare ostaggio della politica

Roma Dopo sei giorni in mare, bloccata al largo di Lampedusa, la nave Diciotti della Guardia costiera italiana con il suo carico umano «ostaggio» dell'ennesimo braccio di ferro tra il ministro dell'Interno Matteo Salvini, la solita poco collaborativa Malta e l'Europa, starebbe per trovare terra. Salvo «imprevisti» cambiamenti di rotta dell'ultima ora, perché nel tardo pomeriggio di ieri, dopo l'annuncio dell'imminente attracco nel porto di Catania, il numero uno del Viminale ha fatto invece sapere che non avrebbe dato alcuna autorizzazione all'attracco finché non avesse avuto la certezza che i migranti non sarebbero rimasti in Italia.

Un'odissea infinita per i 177 migranti, quasi tutti eritrei (sei di loro, particolarmente provati dalla traversata, erano già stati sbarcati nei giorni scorsi, ndr) salpati dalla coste libiche a bordo di un barcone intercettato il 14 agosto in acque Sar della Valletta. Pensavano che sarebbero stati soccorsi dai maltesi, si sbagliavano. Sono invece finiti stritolati dalla disputa Salvini-Ue, lasciati per giorni sotto il sole, disidratati e spaventati, a bordo di una nave non attrezzata per ospitare tante persone così a lungo, con la spada di Damocle di un possibile respingimento verso la Libia, paventato più volte dal ministro nonostante i trattati internazionali non lo permettano («Si possono rivedere», ha detto Salvini). Come si è arrivati a questo punto lo hanno raccontato agli investigatori alcuni dei migranti evacuati dalla Diciotti perché bisognosi di cure mediche, prevalentemente donne e bambini, ascoltati come persone informate sui fatti nel centro di accoglienza straordinaria di Agrigento. Dopo un giorno e mezzo dalla partenza dalle coste libiche il barcone sarebbe stato avvicinato da «un'imbarcazione di notevoli dimensioni e da due gommoni», i cui occupanti avrebbero riferito di essere maltesi. Dopo aver fornito loro cibo, bevande e giubbotti di salvataggio, l'equipaggio avrebbe detto ai migranti che avevano sbagliato rotta: «La direzione per l'Italia è un'altra». E poiché il barcone non aveva dispositivi di navigazione satellitare, i soccorritori gli avrebbero lasciato intendere che sarebbero stati scortati fino a Lampedusa. In realtà la Guardia costiera ha accertato che durante la navigazione la nave ha cominciato ad imbarcare acqua, anche a causa delle pessime condizioni meteo, e l'imbarcazione maltese, circa 24 ore dopo il primo contatto, si sarebbe allontanata abbandonando i migranti e lasciando la responsabilità del salvataggio alla nostra Guardia costiera, che infatti li ha soccorsi due ore più tardi. Versione, quest'ultima, negata da Malta. Da quel momento in poi i migranti sono rimasti «ostaggio» sulla Diciotti al largo di Lampedusa, in attesa che la politica sciogliesse il rebus del suo attracco.

Rebus che ieri sera non si era ancora sciolto.

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