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Senato, premier alle strette Apre alla fronda del Pd e vuol blindare gli alfaniani

Renzi ha capito di non avere i numeri per il ddl Boschi e ha chiesto aiuto agli alleati. Ed è pure pronto a fare concessioni ai ribelli dem

Senato, premier alle strette Apre alla fronda del Pd e vuol blindare gli alfaniani

Bisognerebbe almeno avvisare Angelino Alfano, reduce dal vertice di maggioranza a Palazzo Chigi che dà il via alle danze d'autunno (tarantella o pizzica si vedrà), che la frase «vediamo la luce in fondo al tunnel della crisi» porta una sfiga pazzesca. Al Paese e a chi la pronuncia.

Assodato ciò, l'incontro del premier Matteo Renzi con gli unici alleati («Siamo noi i principali partner e alleati », nella pomposa formula alfanesca) è stato interlocutorio e forse persino proficuo, in quanto poteva finire peggio. Perché è chiaro ormai a tutti (soprattutto a Renzi) che la spinta propulsiva, per così dire, di Angelino s'è esaurita. Fortuna vuole che anche quella del premier non stia ai massimi. E se leader e capigruppo di Ap, Schifani e Lupi, erano andati per contrattare il «sì» alle unioni civili in cambio dell'esiziale modifica all' Italicum sul premio di coalizione, alla fine sono tornati a casa con l'impressione d'esser stati un po' buggerati. Renzi infatti ha chiarito che vuole proprio giocarsi tutto sulla riforma del Senato, consapevole che i numeri non sono risicati come dice la sua claque , ma non ci sono. Per cui martedì, all'assemblea dei senatori del Pd, il segretario vuole aprire a concessioni in grado di consentire al gruppo dei 28 (o almeno a parte di esso) di tornare all'ovile.

L'estate non è andata affatto come voleva Renzi, e la sua campagna-acquisti parlamentare non ha sortito gli effetti sperati. Gli alfaniani si sono ringalluzziti, visto che molti dei loro esponenti, a cominciare da Formigoni, sono restii a votare per un Senato non elettivo. Maldipancia condiviso con Giovanardi e Compagna, più il grosso della pattuglia che con il Pd non andrebbe mai e guarda alla ricostruzione del centrodestra di Berlusconi come unica ancora di salvezza. Dal lato specularmente opposto, la pattuglia dei cicchittiani, determinata a creare le condizioni per un'alleanza stabile con Renzi o partito della Nazione che sia. Al centro, asino di Buridano, c'è Angelino. Che sa di non poter mai più tornare a casa, e deve trovare in fretta i quid che soddisfino i desideri del premier.

Renzi è stato chiarissimo. Ogni discorso su Italicum , unioni civili o alleanze, è rimandato a dopo l'approvazione del ddl Boschi. «Voglio giocarmi tutto sul referendum confermativo, ragazzi. Aiutatemi a trovare i voti a Palazzo Madama; specie tu, Schifani, che lo conosci come le tue tasche», ha detto Matteo agli alleati minori, sicuro che una vittoria gli dia il passepartout per asfaltare nemici interni ed esterni. Così che Angelino, in conferenza stampa, ha potuto obbedire felice agli ordini del Capo: «Sarà un referendum in cui da un lato ci saranno coloro che vogliono il cambiamento e lo realizzano e dall'altro un grande fronte del no, di chi vuole bloccare l'Italia contro di noi». Essendo l'espressione « sarà un derby ...» tra quelle in diritto d'esclusiva di Matteo. Quando poi Alfano è stato chiamato a rispondere alla domanda ontologica per Area popolare - con chi vi alleate, visto che i sondaggi dicono che un abbraccio con il Pd sarebbe mortale - la risposta non poteva che essere scontata, considerata la delicata posizione del segretario, tra Cicchitto e Schifani. «Siamo una forza autonoma e indipendente, che potrà eleggere i propri parlamentari senza bisogno di nessuno. Al termine della legislatura trarremo le conseguenze. Questo giochino delle alleanze, una sorta di spazio riservato ai videogame, in questo minuto è sganciato dalle nostre priorità». In questo minuto, appunto.

Tra sessanta secondi, se avremo ben svolto il compitino, speriamo che io me la cavo.

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