Politica

Messico, il Paese dei narcos apre alla cannabis "ricreativa"

Accolto il ricorso di 4 cittadini. È l'inizio della liberalizzazione

Messico, il Paese dei narcos apre alla cannabis "ricreativa"

«Messico e nuvole» cantava Jannacci che mai avrebbe immaginato che tanto presto, quelle nuvole nel paese del tequila ma anche dei cartelli narcos sanguinari, sarebbero state – orgogliosamente e soprattutto legalmente – di fumo di cannabis. Già perché una storica sentenza della Corte Suprema di Giustizia messicana l'altroieri ha accolto a gran maggioranza il ricorso di quattro cittadini antiproibizionisti, che da oggi, non solo possono farsi quando e dove vogliono «canne» ma anche coltivare piante di marijuana a piacere, a patto che poi siano loro a «goderne i frutti per uso personale». La notizia ha fatto in poco tempo il giro del mondo perché, se è vero che con la sua sentenza il massimo tribunale messicano ha per ora concesso solo ai «fantastici quattro» la possibilità di farsi canne e coltivare «maria», la strada verso la legalizzazione è ormai segnata a detta di tutti gli analisti. Il dibattito in Messico, insomma, da ieri verte su quale modello seguire perché, nonostante il dettame della Corte Suprema, manca ancora una legge nella patria di Pancho Villa che, già ai suoi tempi e non a caso cantava spesso La Cucaracha , storica canzone dove «la marijuana da fumare» trovava spazio sin dalla prima strofa, a dimostrazione di come la cannabis sia una tradizione a quelle latitudini, quasi come da noi il caffè. Certo è che il Messico è anche il paese del Chapo Guzmán e di una quindicina di cartelli della droga, sanguinari e che fanno profitti miliardari non solo con la coca ma anche con la «maria». Secondo la Rand Corporation, che sul prodotto cannabis e traffici illeciti ha fatto lo studio più dettagliato, i cartelli dei narcos guadagnano ogni anno circa 2 miliardi di euro con l'esportazione illegale negli Stati Uniti di marihuana , come la chiamano a Mexico City. Legalizzarne il consumo, la coltivazione ma anche la commercializzazione, come già avviene in molti stati degli Usa compresa la capitale Washington, sarebbe una vera débâcle per i tanti, piccoli Chapo Guzmán che oggi lucrano fortune con la cannabis illegale, oltre ad uccidere e decapitare a ritmi pari a quelli dell'Isis. Ma il modello statunitense di cui la storica sentenza della Corte Suprema dell'altroieri potrebbe essere il preludio, attrae molto i vicini messicani anche per un motivo esclusivamente economico. Secondo la rivista Forbes, infatti, da quando molti stati Usa hanno in vari modi legalizzato la marijuana, si è creato un business legale che quest'anno arriverà a fatturare 3 miliardi di euro. Un vero e proprio boom che non ha rivali in nessun altro settore di beni di consumo e che, nel 2019, dovrebbe superare gli 11 miliardi di euro a detta degli esperti.

La discussione da ieri in Messico è insomma quale strada seguire, perché il modello statunitense non è l'unico imitabile nelle Americhe dove, dallo scorso anno, anche l'Uruguay si è dato una legge ad hoc in materia che prevede un registro unico di consumatori e produttori oltre a consentire l'acquisto della cannabis nelle farmacie convenzionate con lo Stato.

Commenti