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La serata superlusso dell'enologo D'Alema: cena da 200 euro per presentare i suoi vini

L'ex premier promuove l'azienda agricola con il menu dello chef stellato

La serata superlusso dell'enologo D'Alema: cena da 200 euro per presentare i suoi vini

Tra l'impegno per ricostruire una sinistra che pensi a «ridurre le disuguaglianze» e la resistenza contro il Rosatellum («È ignobile, dovrebbe suscitare la rivolta del popolo»), Massimo D'Alema trova anche il tempo per dedicarsi all'altra sua grande passione dopo la sinistra, l'enogastronomia di alta classe. Nella sua tappa milanese di martedì, l'ex ministro Ds ha infilato una cena al ristorante dell'hotel cinque stelle lusso Four Seasons, dietro via Monte Napoleone. Ospite d'eccezione per la serata con D'Alema, lo chef francese Michel Roux, tre stelle Michelin, un mito vivente della cucina mondiale (a 26 anni ha aperto il primo ristorante stellato in Inghilterra: all'inaugurazione c'erano Charlie Chaplin e Ava Gardner). Costo della cena superesclusiva, non proprio proletario: 210 euro a testa. Vini inclusi, però. E che vini. Quelli di Massimo D'Alema, per l'appunto, presente nella carta scelta dallo chef stellato col suo Pinot Nero dell'Umbria 2014 (su internet si trova sui 35 euro) della tenuta La Madeleine, l'azienda di 15 ettari di D'Alema tra Narni e Otricoli, in provincia di Terni.

Una cena ai massimi livelli, per dimenticare le amarezze del Pd e il tradimento renziano della «base sociale della sinistra, il mondo dei più deboli». Come antipastino «Terrina di granchio reale e salmone aromatizzata all'aneto, caviale d'oscietra al pompelmo», poi due primi «Ravioli di lumache di Borgogna» e «Medaglione di aragosta fritto con salsa di porto bianco e julienne di verdure aromatizzate allo zenzero», quindi «Anatra di Challans arrostita, pera caramellata», e per finire «Cannelé di cioccolato con gianduja e lime». Ma il vero protagonista della serata, più che lo chef Roux, è stato Massimo D'Alema. Che ha trovato un palcoscenico per presentare ai facoltosi commensali i prodotti della sua tenuta. Affiancato, in questa sorta di autopromozione dell'azienda dalemiana, dall'enologo che ha seguito fin dall'inizio l'avventura vinicola dell'ex leader dei Ds, cioè Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, scelto dal ministro dell'Agricoltura come responsabile del padiglione vini italiani a Expo Milano 2015 (tra le grandi bottiglie italiane anche quelle di D'Alema, un risultato notevole per un vino appena nato).

Uno effluvio di complimenti reciproci, al ristorante del Four Seasons. L'enologo si è dilungato nell'elogio del «coraggio di Massimo per aver portato un vitigno francese in Umbria», una prova temeraria, quasi come l'essere uscito dal Pd per andare con Bersani e Speranza. A sua volta D'Alema ha rivelato quale sia la leadership che riconosce senza problemi, altro che Pisapia o Renzi: «Siamo tutti seguaci di Cotarella...si è creato un club di persone che lo venerano...siamo tutti figli di Cotarella» ha raccontato D'Alema, in piedi tra i tavoli con il microfono in mano, a suo perfetto agio nello sfarzo della cena pluristellata nei panni di imprenditore vinicolo. D'altronde, per il lusso e gli hobby aristocratici D'Alema ha sempre avuto un debole. Dalle scarpe sfoggiate una sera a cena da Alfredo Reichlin («costano un milione e mezzo, ma sono fatte a mano eh») alla famigerata barca a vela Ikarus con cui si convinse di essere un grande marinaio («La barca è una passione che mi coinvolge molto. È una forma di rapporto con il mare e con la natura» spiegò al Costanzo Show). Nel 2011 ha dovuto venderla, a 350mila euro, con un annuncio sul mensile Nautica in pieno stile dalemiano: «Vendesi Ikarus, 60 piedi, pluripremiata imbarcazione per lunghe crociere veloci, disegnata da Roberto Starkel...». E fu costretto a venderla proprio per comprarsi la tenuta vinicola in Umbria, perchè «devi scegliere tra l'una o l'altra, non ci possiamo permettere la barca e l'azienda agricola» gli intimò la moglie Linda Giuva. Con quello, e con un mutuo trentennale da 1 milione di euro, si è fatto la tenuta, con un ulivo secolare di cui va molto fiero e «che costa 1500 euro» come precisò ad Alan Friedman, oltre alla affettatrice Berkel degli anni '30, «perfettamente restaurata».

La vera sinistra riparte dal Pinot nero.

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