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La Serracchiani tutela i trans che non ci sono

La Serracchiani tutela i trans che non ci sono

D'ora in poi Giovanni diventerà Giovanna, o viceversa, oltre che per i colleghi, anche sul tesserino, nelle e-mail istituzionali e nei documenti informatici sul luogo di lavoro. Il Friuli Venezia Giulia da ieri è la prima Regione d'Italia dove i dipendenti pubblici potranno cambiare nome per sceglierne uno più consono alla propria «identità percepita».

È l'ultimo traguardo tagliato dalla governatrice Debora Serracchiani nell'avanguardia dei diritti gay e lgbt tanto sentita a sinistra: l' «alias» per i transessuali. Un tema delicato e ancora in via di definizione nelle aule dei tribunali, ma evidentemente troppo urgente a Nord Est per attendere un orientamento giuridico chiaro. «È una materia su cui vi è necessità di fare passi avanti», ha detto la piddina, che ha deciso di colmare il vuoto normativo in tempo per la fine della legislatura nel 2018.

La giunta ha dato mandato agli uffici di creare una procedura ad hoc per il riconoscimento della nuova identità nel caso tra i 2.875 dipendenti regionali qualcuno dovesse farne richiesta. Non che finora ve ne siano di note, ma con «i necessari adeguamenti» se mai dovessero arrivare «la dignità dell'individuo è tutelata». In compenso l'alias è già realtà all'Università di Udine, che sotto la guida del rettore Alberto Felice De Toni, già frequentatore della Leopolda, ha introdotto il libretto gender per gli studenti. D'altronde, «il progresso dei diritti è un fronte prioritario», ha spiegato Debora. Di prioritario però, secondo il capogruppo di Forza Italia Riccardo Riccardi, ci sarebbe ben altro: «Rispetto le sensibilità di tutti, ma mi sarei aspettato altrettanta attenzione per esempio su un processo di sburocratizzazione della pubblica amministrazione.

Ho la sensazione che siamo di fronte a un altra bandierina alla vigilia di un'importante campagna elettorale».

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