Politica

Serve il no dei moderati contro le "leggi Renzissime"

Serve il no dei moderati contro le "leggi Renzissime"

La prima legge «fascistissima» del '25 stabilì che il presidente del Consiglio, allora primus inter pares, assumesse il titolo di capo del governo conquistando il diritto di nominare e deporre i ministri. La seconda legge «fascistissima» del '26 mise la stampa sotto il controllo diretto del governo ed abolì il diritto di sciopero autorizzando la sopravvivenza dei soli sindacati fascisti. La terza legge «fascistissima» del '28 modificò la legge elettorale istituendo una lista unica di prescelti dal regime da sottoporre ad un referendum che fino al '38 si trasformò sempre in un plebiscito (dopo il '28 anche quel rito inutile venne eliminato).Con quelle leggi Benito Mussolini consolidò la rivoluzione fascista ed instaurò il regime autoritario senza compiere alcuna modifica formale dello Statuto Albertino.

Le leggi «renzissime», quelle che modificano la Costituzione dequalificando il Senato, assicurando una maggioranza inattaccabile alla lista di emanazione governativa (il Partito della Nazione), ponendo il servizio pubblico radiotelevisivo sotto il controllo stretto il presidente del Consiglio diventato di fatto premier (cioè capo del governo) e marginalizzando i sindacati e tutti i corpi intermedi, possono essere paragonate alla leggi «fascistissime»? Esiste oggi un rischio che in Italia s'instauri un regime autoritario diverso ma simile a quello della prima età del secolo scorso?Si dice che quando i drammi della storia si ripetono diventano delle farse. Chi non si diverte alle imitazioni che Crozza fa di Renzi?

Ma il fatto stesso che da più parti si tenti il paragone tra allora ed oggi suscita inquietudine. Che può essere cancellata in un solo modo. Evitando che il referendum sulle riforme istituzionali, su cui il premier punta per mettere il suggello sulle «leggi renzissime» ed andare in discesa verso le elezioni politiche successive, si trasformi in un plebiscito acritico ed irresponsabile.Per conseguire questo obbiettivo non c'è che una strada: dare vita prima possibile ad un comitato del «no» che denunci al Paese il rischio a cui va incontro spiegando che la battaglia non è contro le riforme ma contro le riforme sbagliate, non innovative ma pericolosamente regressive.

I primi a partire su questa strada dovrebbero essere gli esponenti dei diversi partiti della galassia del centrodestra. Il loro schieramento, sempre che sia unito, rappresenta la sola alternativa credibile ed autorevole al «regime renziano». E l'occasione per ritrovare questa unità ed allargare al massimo il fronte di resistenza al rischio di deriva autoritaria è proprio la preparazione del referendum del prossimo autunno. Tanto più che in primavera di saranno le Amministrative.

E l'area del «no» può cogliere l'occasione per fare le prove generali recuperando un elettorato che aspetta solo un indirizzo ed una motivazione. Chi ha tempo non aspetti tempo!

Commenti