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"Servono toghe specializzate nel contrasto del terrorismo: un unico pool come per le Br"

Bocciata la sua proposta di sezioni ad hoc: "Ma oggi abbiamo bisogno di magistrati all'altezza del compito"

"Servono toghe specializzate nel contrasto del terrorismo: un unico pool come per le Br"

Siamo in guerra e, come afferma il capo della polizia Franco Gabrielli, purtroppo un attentato potrebbe insanguinare le nostre strade. Cosa si può fermare o almeno arginare la deriva del terrorismo? Stefano Dambruoso, oggi deputato di Civici e innovatori, ma in passato pm di punta sulla prima linea di Al Qaida a Milano e per questa consacrato da Time come eroe europeo, aveva lanciato poco meno di due anni fa una proposta di legge per istituire sezioni specializzate contro l'eversione.

Che ne è stato di quel provvedimento?

«Nulla. Forse si è ritenuto che la creazione di un giudice ad hoc, in qualche modo speciale, avrebbe violato la Costituzione. E avrebbe innescato un domino interminabile: se immagini una toga specializzata nel contrasto alla jihad, allora puoi pensare che lo stesso debba accadere per la corruzione o i temi ambientali e cosi via».

D'accordo, ma la sostanza non cambia. Come bloccare i progetti di morte che aleggiano sulle nostre teste?

«Un attimo, qualcosa si è fatto. Nel 2015, dopo il massacro di Charlie Hebdo, abbiamo criminalizzato alcuni comportamenti che prima non costituivano reato».

Ad esempio?

«Oggi possiamo inquisire un tizio che se ne sta in casa sua, incollato davanti al pc, e lì si indottrina e studia le tecniche dell'Isis. Oppure compra semplicemente un biglietto aereo per la Turchia».

Come hanno fatto centinaia di foreign fighter in tutto il mondo?

«Esatto. Oggi abbiamo strumenti legislativi emergenziali per difenderci meglio di prima. Non è poco. Non solo: con quella proposta di legge ho comunque ottenuto un risultato molto importante».

Quale?

«È stata creata la procura nazionale antiterrorismo, un'idea contenuta nel mio pacchetto. Oggi il procuratore nazionale antimafia è anche procuratore antiterrorismo e alle riunioni con i colleghi europei finalmente abbiamo una sola figura che ci rappresenta e non una delegazione come in precedenza».

Resta il nodo di fondo.

«Esistono le procure distrettuali antiterrorismo e ora abbiamo pure la procura nazionale, sia pure con alcuni limiti, ma mancano giudici corrispondenti. Con competenze ed esperienze particolari».

In concreto?

«È vero, la Costituzione pone paletti precisi, ma dobbiamo trovare il modo di creare squadre di toghe all'altezza del compito. E della fase drammatica che attraversiamo: oggi ci sono gip che si occupano di un fallimento alle 10 e alle 11 passano all'Isis. E da Milano a Reggio Calabria possono cambiare i criteri di valutazione della prova».

In parte questo non è fisiologico?

«Certo, ma mi preoccupo se la giurisprudenza è troppo ondivaga e se inchieste clamorose, durate anni, vengo smantellate, come è successo, con provvedimenti che hanno fatto discutere».

Insomma, cosa ci vuole contro il radicalismo estremista?

«Un gruppo compatto di toghe che lavori al meglio, come in fondo è accaduto ai tempi delle Br. Il modo lo scelgano governo e parlamento, ma non perdiamo tempo. Non aspettiamo che a dettare l'agenda sia la cronaca con i suoi ritmi e le sue emozioni».

Gentiloni e Orlando voglio istituire 12 sezioni specializzate per combattere l'immigrazione clandestina. Un'operazione di sostanza o maquillage?

«Il proposito è lodevole. Rendere la macchina meno farraginosa, tagliare i tempi dei ricorsi, puntare su professionisti del diritto che si occupino solo di queste materie. Mi pare un passo in avanti, anche se il tema è complicato».

Sarà, ma in questo momento siamo all'invasione. E al colabrodo.

«Nel nostro Paese circolano troppi soggetti di cui non sappiamo nulla: questo è intollerabile. E poi sappiamo, senza per questo voler sviluppare facili equazioni, che i clandestini alimentano il mercato criminale, a sua volta contiguo nei Paesi d'origine a quello del terrore».

Leggi speciali?

«Abbiamo già, come accennavo, misure emergenziali adeguate. Il problema è farle funzionare. Servono mezzi, risorse svincolate da logiche burocratiche ed è decisiva l'azione degli apparati di intelligence. Ma non è tutto».

Che altro serve?

«Dobbiamo promuovere in tutti i modi il dialogo interreligioso e culturale.

Darà i suoi frutti nel medio e lungo periodo, ma ci eviterà la nascita delle banlieue da cui sono usciti gli assassini del Bataclan».

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