Economia

Sette anni per riprenderci ma le tasse non finiscono mai

La stima della Cgia di Mestre: Pil a livello pre-crisi solo nel 2024. In marzo probabile una manovra correttiva

Sette anni per riprenderci ma le tasse non finiscono mai

Il ritorno alla normalità per l'Italia è legato a tanti «se» pesantissimi. Se non ci saranno manovre correttive, se non aumenteranno le tasse, se non ci saranno altri eventi che destabilizzano la nostra economia. Difficile che si realizzi uno scenario del genere. La manovra correttiva arriverà, il prossimo anno sarà difficilissimo evitare l'aumento dell'Iva al 25%. E comunque, anche se si dovesse avverare il «sogno» di mantenere perlomeno lo status quo, al Paese serviranno almeno altri sette anni per ritornare, non al boom economico, ma ai tempi che hanno preceduto la fase acuta della crisi. Il centro studi della Cgia di Mestre ha calcolato che il nostro Paese tornerà ai livelli pre-crisi solo nel 2024. Ma solo se si riuscirà a mantenere la legislazione invariata su alcuni aspetti chiave, come il fisco.

La pressione fiscale nel 2017, confermano gli artigiani di Mestre, è destinata a scendere di 0,3 punti percentuali attestandosi così al 42,3 per cento. Calo dovuto al taglio Ires per le società di capitale. Il Pil dovrebbe aumentare di circa un punto, il numero degli occupati crescere di quasi 112.000 unità e l'esercito di disoccupati scendere di 84.000 persone.

Recupero molto lento. Per fare tornare gli 8,7 punti percentuali di Pil persi dal 2007, di questo passo bisognerà aspettare il 2024. Il 2016 è andato male. L'economia italiana è «precipitata» ai livelli del 2000, ovvero di 16 anni fa. I consumi delle famiglie sono crollati di 7,6 punti percentuali. Per farli tornare al 2007 bisognerà aspettare il 2021. Per tornare ai livelli di investimenti di prima della crisi, addirittura il 2032. Stessa data per tornare a una disoccupazione al 6%. Meglio per il tasso di occupazione, che era già basso prima della crisi. «Sebbene le tasse siano destinate a scendere grazie, in particolar modo, alla riduzione dell'Ires che interesserà solo le società di capitali e l'occupazione sia destinata ad aumentare in virtù della fiducia ritrovata tra i piccoli imprenditori - ha spiegato il coordinatore dell'ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo -, la ripresa economica del nostro Paese rimane ancora molto debole e ben al di sotto della media Ue». La Cgia si augura che il governo Gentiloni torni ad occuparsi di crescita.

Peccato che la prima sfida, a parte il macigno delle banche, è con il giudizio dell'Europa sui conti. A marzo, oltre alle celebrazioni dei Trattati di Roma, la legge di Bilancio firmata dal governo Renzi potrebbe essere bocciata e il governo costretto a varare una manovra correttiva di almeno 7 miliardi. Ma la vera prova per le scelte di politica economica sarà quella con la prossima legge di Stabilità. Servono 25 miliardi per disinnescare gli aumenti di Iva (al 25% l'aliquota ordinaria) e delle accise.

Molto difficile che il governo ci riesca, anche perché la spesa per il salvataggio delle banche peserà sul debito, aggravando la posizione dell'Italia, già sotto esame a Bruxelles per il mancato rispetto dei patti.

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